
Parisi ha ragione da vendere sui fondi per la ricerca ma è inutile duplicare ministeri

13 Ottobre 2022
Lo stato di salute della ricerca made in Italy non è così precario ma serve una strategia a lungo termine e, se possibile, un ministero ad hoc. A dirlo, in un’intervista a Repubblica, è il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi.
Due le priorità segnalate da Parisi: il varo di un piano quinquennale che immetta 10 miliardi di euro nel sistema ricerca nazionale, in modo da portare, anche a Pnrr ultimato, i finanziamenti al livello di quanto già avviene in altri paesi, come la Francia e la distinzione del ministero per l’Università e la Ricerca da quello dell’Istruzione.
“Frequento questi ministeri da 25 anni – ha spiegato a Repubblica Parisi – e ho visto cosa succede quando lo stesso ministero si occupa sia di scuole che di università e ricerca”. Un milione e 200mila dipendenti nella scuola, contro gli appena 100 mila del settore ricerca. Secondo Parisi, a causa di questa sproporzione “se il ministero è unico, non può che essere fagocitato dalla scuola”.
Parisi ha ragione quando chiede un incremento sostanziale dei fondi a favore dei progetti di ricerca, in particolare per le filiere strategiche. A nostro parere però questo è solo il primo passo di una riforma più strutturale del sistema universitario e della istruzione che deve passare attraverso politiche più orientate all’efficienza. Con la duplicazione dei ministeri, però, questo obiettivo difficilmente sarebbe raggiungibile.
Più ministeri, infatti, significa più spesa pubblica, spesso incontrollata e incoerente. Dobbiamo avere il coraggio di razionalizzare le politiche di spesa e ottimizzare gli strumenti di gestione del sistema ricerca. Quindi concedere agli atenei più libertà di assumere, e puntare ad attrarre eccellenze, ripensando lo strumento dei concorsi pubblici. Andrebbe anche abolito il valore legale del titolo di studio.
Infine, è necessario concentrare gli investimenti in settori chiave per la nostra economia, incentivando il trasferimento tecnologico, a favore delle imprese e dell’innovazione del sistema produttivo. In questo senso, occorre valorizzare maggiormente le discipline stem la cui centralità in Italia non si è ancora consolidata.