Perché il problema non sono le idee ma il ruolo del generale Vannacci

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Perché il problema non sono le idee ma il ruolo del generale Vannacci

Perché il problema non sono le idee ma il ruolo del generale Vannacci

22 Agosto 2023

“Chiunque indossa una divisa e ha il potere e l’autorizzazione a usare legittimamente la forza deve mostrarsi ed essere percepito come una persona senza pregiudizi. Chi ha bisogno di aiuto vuole sentirsi sicuro, qualunque sia la sua religione, la sua cultura, la sua sessualità. E chi rappresenta le forze dell’ordine si deve comportare allo stesso modo rispetto a chi ha davanti. Se pensassimo che esistono cittadini di serie A e di serie B non rispetteremmo le leggi dello Stato e la Costituzione. Un rappresentante dello Stato non deve solo avere rispetto di tutti, ma anche dimostrarlo. Anche se pensa, legittimamente, altro. Come un magistrato”. Così si esprime il ministro Guido Crosetto intervistato dal Corriere.

Per me non fa una grinza: è evidente che il problema non è se il generale Vannacci possa legittimamente avere idee di un tipo piuttosto che di un altro. Il problema deriva dal ruolo che occupa, che esige – come dire – una certa continenza nell’esprimerle pubblicamente. Mi stupisce che un certo mondo di destra, sempre pronto a stigmatizzare le esternazioni politiche di certa magistratura schierata, fatichi a capire la differenza tra giudizio di merito e valutazione delle circostanze e del ruolo, buttando tutto in caciara in nome del diritto assoluto alla libertà di parola.

Come pure, nonostante le decine di recidive, mi stupisce la pretesa di un certo mondo di sinistra di ergersi a giudice delle idee altrui e di risolvere il conflitto ideologico e culturale con la continua richiesta di censure e di diagnosi psichiatriche a distanza, basate sullo stigma psico-politico del qualcosa-fobico. Se il generale ha commesso reati, per fortuna ancora non spetta a loro giudicarlo, semmai possono denunziarlo, rinunciando ai fasti ingloriosi del tribunale del popolo autogestito, dove il colpevole è stabilito a priori. E, forse ancora più importante, dovrebbero rinunciare una volta per tutte all’abitudine ingloriosissima di un linguaggio che rimanda al tristissimo uso politico della psichiatria.