Perché il Vaticano ha riaperto il caso Orlandi

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Perché il Vaticano ha riaperto il caso Orlandi

Perché il Vaticano ha riaperto il caso Orlandi

11 Gennaio 2023

“Chissà che Papa Ratzinger prima di morire non abbia lasciato scritto qualcosa su mia sorella Emanuela. Magari lo ha fatto…”. Sono le parole pronunciate da Pietro Orlandi, 63 anni, appena qualche giorno prima che la vicenda più misteriosa d’Italia prendesse una clamorosa svolta. Il Vaticano ha deciso di indagare proprio sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, che aveva 15 anni nel 1983, quando fece perdere per sempre le sue tracce.

Il promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi e la Gendarmeria indagheranno in varie direzioni. Scandaglieranno di nuovo tutti i fascicoli, i documenti, le segnalazioni, le informative, le testimonianze. Un lavoro a 360 gradi per non lasciare nulla di intentato, per provare a chiarire ombre e interrogativi di ogni genere. Un lavoro che vuole anche mettere a tacere per sempre i dubbi sulla più infamante delle accuse: che il Vaticano abbia coperto e copra qualcuno.

Per fare ciò si ripartirà dai dati processuali nelle mani della giustizia italiana, ma si seguiranno anche piste non approfondite a sufficienza. Quali sono le piste che si sono susseguite in questi 40 anni? Si è indagato sui rapporti della famiglia Orlandi con il Vaticano. Poi si è ipotizzato un coinvolgimento della banda della Magliana e in particolare del suo boss Renatino De Pedis che venne sepolto nella basilica di Sant’Apollinare con tutti gli onori riservati agli alti prelati. Perché?

Aveva forse reso servigi inconfessabili a qualche esponente della Chiesa romana? C’è poi la pista che porta direttamente all’attentato a Giovanni Paolo II. Emanuela scomparve infatti appena due anni dopo quel 13 maggio 1981, quando Ali Agca sparò al Pontefice. L’ipotesi a cui per un po’ di tempo perfino Papa Wojtyla sembrava aver dato credito era che Emanuela fosse stata rapita per scambiarla con Mehmet Ali Agca, esponente del movimento nazionalista dei Lupi Grigi Turchi.

Recentemente lo stesso Agca, perdonato da Papa Wojtyla e graziato dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, dunque libero, ha parlato attraverso una lettera. Sostiene che Emanuela è viva e gode di buona salute. Poi ha accusato addirittura la Cia di averla sequestrata per ragioni di politica internazionale. Va detto che l’uomo ha una credibilità pari a zero e che ciclicamente riesce a far parlare di sé da Istanbul, dove vive, circondato da protezioni e lussi degni di una spia di livello internazionale. Rimane poi la pista della pedofilia.

Cioè un rapimento maturato in seguito a un fatto violento e dunque a un “incidente di percorso” di qualche maligno. Ne hanno parlato anche alcuni sacerdoti. Quando sparì Emanuela aveva appena finito il secondo anno di liceo scientifico. Studiava flauto e canto corale nella scuola di musica di piazza Sant’Apollinare (guarda caso). Nel giorno fatidico era arrivata tardi alle lezioni, ma era uscita prima del previsto.

Non appena uscita dalla scuola aveva telefonato alla sorella Federica. Le aveva riferito: “Mentre andavo a scuola un uomo mi ha fermata, proponendomi un lavoro di volantinaggio per l’azienda Avon Cosmetics. Mi daranno 375 mila lire se andrò a farlo alla sfilata delle sorelle Fontana. Devo dargli una risposta”. Emanuela era entusiasta di questa offerta, tanto che ne aveva parlato anche con la sua compagna di scuola Raffaella che ha poi riferito tutto agli inquirenti.

Le due ragazze, insieme con altre amiche, si erano date appuntamento alla fermata dell’autobus 70 alle 19.20 per fare ritorno a casa. Non la videro mai arrivare. Anche qualcuna di queste ragazze ha mentito o ha riferito cose imprecise? Il materiale su cui lavorare è enorme, anche se la magistratura italiana ha definitivamente archiviato l’inchiesta. Certo colpisce molto che il clamoroso annuncio di una nuova inchiesta arrivi proprio subito dopo la scomparsa di Papa Ratzinger. Mentre il suo ex segretario George Gaenswain, in aperta polemica con Papa Francesco, annuncia che distruggerà le carte del Pontefice Emerito.

Che cosa contengono quelle carte? Si parla anche del caso di Emanuela? Ma soprattutto: esistono davvero quelle carte e perché dovrebbero fare paura a qualcuno? E’ solo un’iniziativa di immagine o davvero questa volta le indagini su Emanuela arriveranno a una pista reale? Pietro Orlandi ha dichiarato: “Papa Ratzinger era il braccio destro di Wojtyla e per me sapeva tutto, anche se non ha mai voluto parlare”.

“Mia mamma nel 2008, quando cadevano i 25 anni della scomparsa di Emanuela andò dall’allora segretaria di Ratzinger che abitava davanti a casa sua. Le chiese se il Papa poteva dire una preghiera per Emanuela all’Angelus del 25 giugno. Quella domenica aspettammo in piazza San Pietro una parola che non arrivò mai. Mamma non si diede per vinta e incontrò di nuovo quel donna. Lei riferì che alla sua richiesta Ratzinger aveva allargato le braccia dicendo che doveva chiedere”.

A chi e perché avrebbe dovuto chiedere il permesso il Pontefice? Ha aggiunto Pietro Orlandi: “Confidavo in un gesto di coraggio che non è mai arrivato”. Gli stessi appelli furono rivolti ancora a Benedetto XVI affinché condividesse ciò che sapeva sulla vicenda poco prima a delle sue dimissioni. Ma ancora niente. In un incontro di qualche anno fa Papa Francesco disse a Pietro Orlandi “Emanuela è in cielo”.

Si riferiva semplicemente a un auspicio religioso o quelle parole nascondevano altro? Forse non c’è niente da condividere, perché il Vaticano non conosce oggettivamente la verità su questa sua cittadina. Ma le coincidenze in questi temi tormentati della Chiesa sono davvero tante.