Perchè Prodi dovrebbe lasciare

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Perchè Prodi dovrebbe lasciare

29 Maggio 2007

E’ stata una campagna elettorale
animata. Si è dibattuta l’opportunità di testare il consenso degli elettori su di
una maggioranza di governo che ha prodotto nel Paese profonde spaccature. Una
maggioranza ottenuta per un pugno di voti alla Camera e senza i numeri al
Senato, dove il minor consenso elettorale ha reso determinante l’apporto di un
gruppo di senatori eletti nei collegi esteri, con dubbie procedure elettorali e
con motivati sospetti di brogli.

 

Il responso delle urne ha
decretato per Prodi ed il suo Governo la mancanza del gradimento del Paese. Il
confronto elettorale, seppur con indirizzo amministrativo, questa volta ha
avuto una valenza politica senza precedenti. Si andava a verificare quanto
legittimo fosse stato il piglio con cui la sinistra, imprudentemente ma anche
impudentemente, aveva sottratto all’opposizione ogni spazio istituzionale e
reso difficile, nell’equilibrio delle garanzie che il nostro Paese, pur tra
alterne vicende e forzature, ha pur sempre manifestato, anche il necessario
rispetto politico e la democrazia del confronto.

 

La competizione elettorale si è
spesso radicalizzata su temi come il conflitto di interessi, la politica
estera, la riforma televisiva, la pressione fiscale. E l’Italia che conta, non
quella dei poteri forti e dei media, non quella della Confindustria e di
Montezemolo, non quella delle banche e della finanza, non quella delle
cooperative e dei poteri arroganti, ma l’Italia degli elettori ha delegittimato
Prodi e il suo indirizzo programmatico, ha bocciato i suoi uomini e l’indirizzo
politico dei numerosi partiti della sua maggioranza.

 

L’elettorato non ha apprezzato le
scelte e spesso le minacce della sinistra, ha respinto la deriva del Paese
verso scelte autoritarie ed illiberali, ha stigmatizzato la confusione che
regna da sempre nel dna della sinistra. Gli italiani hanno soprattutto
deprecato la politica delle promesse, delle bugie e delle ipocrisie di Prodi. I
risultati elettorali hanno così decretato la bocciatura della vera politica
degli interessi privati, del vero conflitto di interessi, in cui arroganti
ministri e viceministri  dispongono con
protervia ed arroganza e disorientano le certezze degli italiani sui valori
storici della nostra civiltà . Il Paese reale, con la significativa e
consistente protesta di base, che in democrazia si esprime col voto, ha ammonito
il Paese legale, ha messo in mora tutto l’esercito di Prodi, tra rappresentanti
diretti ed indiretti, avvisandoli che non godono più del consenso popolare.

Le ragioni che inducono a ritenere
che Prodi ed il suo governo debbano trarre le indifferibili conseguenze sono
molteplici. Se ne riassumono alcune tra le più importanti:

 

         
questa maggioranza alle scorse politiche non ha avuto il
conforto di una precisa ed inequivocabile scelta dell’elettorato. Il consenso
politico, infatti, si è esattamente diviso tra i due poli;

         
ha arrogantemente interpretato il sostanziale pareggio
come una strepitosa vittoria, tale da potersi consentire di emarginare il
centrodestra ed occupare in forma massiccia, anche attraverso record di nomine
a ministri, vice ministri e sottosegretari, governo ed istituzioni,
sottoponendo il Paese persino alle ricattatorie forzature della sinistra più
radicale;

         
ha presentato ed approvato una legge finanziaria che ha
privilegiato soltanto alcuni gruppi industriali, mentre ha sottratto risorse allo
sviluppo e lasciata invariata se non addirittura aggravata l’incidenza della
spesa pubblica;

         
ha nascosto agli italiani la reale situazione dell’economia
per sostenere le falsità di una campagna elettorale svolta tra allarmismi,
false promesse, ed enormi bugie;

         
non ha un suo progetto politico ed i provvedimenti
adottati sono sottoposti agli umori della sinistra alternativa che si barcamena
tra scelte impopolari per i suoi militanti ed altre capaci di galvanizzare la
base;

         
ha mortificato, per timore di cadere principalmente al
Senato, la centralità del Parlamento, eliminando il confronto nelle sedi
istituzionali ed  alimentando, così, la
partitocrazia;

         
ha subito, infine, due bagni di folla che hanno  contestato “a valanga” le sue scelte
politiche.

 

Dinanzi a tutto questo è persino
improponibile il paragone con le amministrative perse dalla Cdl durante il
governo Berlusconi in quanto le perdite non sono state di questo spessore e la
maggioranza ottenuta alle elezioni politiche dalla Cdl era ben più solida.
Questa volta, invece, l’esiguità del vantaggio politico e la rinuncia di Prodi
e della maggioranza, dal primo momento, 
a forme di governo di pacificazione e di ampie convergenze
nell’interesse del Paese ha reso questo test elettorale politicamente
significativo e pregnante di umori popolari inequivocabilmente contrastanti con
le scelte adottate da Prodi e dalla sinistra al governo.