
PopSondrio, quello spirito popolare dal Broad Peak alla Valtellina

13 Gennaio 2022
Quella notte sul Broad Peak nel Karakoram, il capo spedizione aveva lasciato i “baltì” al gelo sotto la pioggia. Così i portatori andarono a trovare il professore nella sua tenda per chiedergli aiuto. Senza pensarci due volte, lui affrontò il capo convincendolo a montare il tendone più grande per accogliere i portatori infreddoliti. Da quel momento e fino alle fine della scalata, il professore divenne la guida morale della spedizione. L’alpinismo è sempre stato una passione per Marco Vitale, economista d’impresa, docente bocconiano e assessore a Milano all’epoca della Giunta Formentini. La montagna ti insegna molte cose, innanzitutto il rispetto per gli altri e la solidarietà.
Due qualità che a distanza di anni il professore ha rimesso in una nuova impresa condotta sulle vette altrettanto impervie e scivolose del risiko bancario italiano. A dover essere salvaguardati ora non sono i portatori del Karakoram ma i soci di PopSondrio, la banca di Sondrio, l’ultima delle grandi Popolari italiane che il 29 dicembre dello scorso anno ha cambiato statuto votando in Assemblea la trasformazione obbligatoria in società per azioni. Mentre stavolta il capo spedizione sordo alle richieste altrui ha il profilo delle istituzioni finanziarie europee, convinte che la stabilità finanziaria sia essenzialmente il risultato dei processi di fusione e acquisizione in corso da anni tra i colossi bancari. Più una banca cresce, si espande e dissolve i confini tra investment e commercial bank, meno dovrebbe essere alto il rischio di farsi ingoiare dai competitori o di fallire quando i bilanci arrancano e i crediti deteriorati diventano una palla al piede troppo pesante. Eppure il condizionale è d’obbligo in questo mantra del ‘consolidamento’ dal sapore vagamente dirigistico, perché le concentrazioni finanziarie rischiano di mettere a bordo ring la concorrenza, scaricando sullo Stato la responsabilità di intervenire quando i colossi saltano a gambe all’aria. I manager con gli scatoloni per strada nel 2008 stanno lì a ricordarcelo.
Diventa anche legittimo chiedersi quanto la riforma italiana del 2015 che ha imposto alle Popolari con i patrimoni più grandi di cambiare pelle, spazzando via con un tratto di penna un secolo e mezzo di storia del credito italiano, sia realmente servita a distinguere il grano dal loglio, visto che in realtà si è fatto di tutto il grano loglio. Così il professor Vitale si è messo alla guida di un gruppo di soci della Popolare di Sondrio convinti che sia giusto preservare l’animo mutualistico della ‘banca delle montagne’ dagli spiriti animaleschi dei possibili raider in agguato. Certo durante il lungo contenzioso aperto con la Corte di Cassazione, la giustizia europea e il Consiglio di Stato, Vitale non è riuscito a trovare un giudice a Berlino disposto a rimettere in discussione la costituzionalità della legge del 2015. Qualche varco nelle modalità di ‘trapasso’ di PopSondrio a banca ordinaria però si è aperto e il professore vi si è incuneato come in un blitz. È nato il “Comitato per difendere l’autonomia e la indipendenza” della banca di Sondrio. L’obiettivo del Comitato è negoziare con le istituzioni di vigilanza la nascita di una ‘holding cooperativa’, la quale, acquisito un ruolo e peso specifico nella nuova spa, avrà la missione di non disperdere l’esperienza del credito popolare valtellinese.
C’è un rapporto privilegiato tra la Popolare di Sondrio e le famiglie, i professionisti, le piccole e medie imprese di questa porzione dello Stivale che è stata capace di resistere meglio di altre alla grande crisi pandemica. Dalla fine del XIX secolo PopSondrio ha rappresentato il collante di una imprenditoria produttiva e capace di innovare diversificando, due caratteristiche centrali per la ricostruzione del nostro Paese. Dalla secolare coltura della vite agli investimenti nel turismo alpino che riparte in vista dei prossimi giochi olimpici sulla neve, passando per i 22mila euro di depositi bancari pro-capite (ventiduemila), la Valtellina può rappresentare degnamente il laboratorio di “uno sviluppo nazionale autocentrato, fondato sulla specificità delle risorse naturali e culturali dei luoghi, grazie al quale l’Italia sarebbe nelle condizioni di assumere un nuovo ruolo nel quadro mondiale” (Canesi, 2017). Fin qui gli ideali, gli studi e i buoni propositi.
Per restare alle cronache finanziarie, c’è da capire se e come il Comitato entrerà nella partita giocata tra Bper e Banco Bpm che oggi ha come protagonista Unipol (azionista Bper che vanta una quota in PopSondrio) per creare un polo bancario lombardo competitivo sul mercato del credito nazionale. Certo il professor Vitale ha tutta l’esperienza che serve a scendere in campo, durante la sua lunga carriera ha presieduto l’associazione delle merchant bank italiane ed è stato vicepresidente di Bpm, ma quali e quanti dei 160mila soci della Popolare di Sondrio saranno disposti a seguirlo fino in fondo? L’obiezione generale rivolta al Comitato è di voler combattere una battaglia di retroguardia. Il mondo è cambiato e il ‘voto capitario‘ che ha sempre caratterizzato le Popolari ormai rischia di essere paleoeconomia. Il principio ‘una testa, un voto’ per cui non conta la quantità ma la ‘qualità’ delle azioni possedute non sta né in cielo né in terra. Quella struttura ha reso le Popolari non contendibili quindi poco attrattive agli occhi degli investitori, esponendole ai rischi e rovesci dei cicli finanziari.
Va detto che il mainstream della globalizzazione finanziaria considera i legami territoriali pura retorica. Nel mercato deregolamentato, slegato da vincoli etici, dalle autorità pubbliche e dal giudizio dell’opinione pubblica, per vincere la competizione globale occorrono solo un misto di competenze, freddo razionalismo e cinico secolarismo. Più si cresce massimizzando i profitti, minori saranno i costi e maggiore la innovazione tecnologica dei servizi forniti al risparmiatore. Del resto too big, too fail è una espressione che circola dagli anni Ottanta e insomma ci sarà sempre un altro Obama con qualche bailout statale.
Non sappiamo se qualcuno, consapevole dell’efficienza e degli andamenti positivi di PopSondrio, e magari dei rischi che la banca potrebbe incontrare dopo la trasformazione, abbia deciso di andare a bussare alla porta di Vitale, come quella volta con i portatori sul Broad Peak. Il professore gli avrà parlato del teologo Bonhoeffer e delle lezioni di politica sociale di Einaudi, della cultura d’impresa declinata in modo responsabile e della finanza che non dovrebbe essere una gabbia dove scannarsi ma un metodo per gestire in modo rigoroso i beni che ti vengono affidati da altri, valorizzando nuovi talenti e distribuendo nel tempo e nello spazio i costi di operazioni che non si è in grado di sostenere da soli. Non è retorica la tenacia della gente di montagna. E allora, aspettiamo di vedere come andrà a finire. La spedizione organizzata da Vitale in PopSondrio qualche sorpresa l’ha già riservata. In Valtellina come sul Karakoram.