Quagliariello: “Noi Moderati, garanti della crescita e pronti per il futuro”
23 Settembre 2022
Quagliariello, finito di girare l’Italia?
“No, mancano ancora diverse ore alla conclusione della campagna elettorale”.
Gaetano Quagliariello è coordinatore nazionale di “Italia al Centro”, il partito guidato da Giovanni Toti confluito nella lista unitaria dei centristi del centrodestra chiamata “Noi Moderati”.
Senatore dal 2006, ha declinato la proposta di un collegio uninominale di quelli ritenuti “sicuri” ma non si è sottratto alla mischia elettorale. Anzi.
“Scusi se mi prende male il telefono ma mi sto spostando da una parte all’altra della Calabria”.
Gli annosi problemi delle aree fragili del Paese… Non solo strade e ferrovie, ma anche infrastrutture immateriali che fanno acqua e connessioni a dir poco precarie. Da parlamentare non avrebbe potuto incidere di più per risolverli?
“No, anzi. Le aree fragili sono il mio chiodo fisso da tanti anni, non solo per ragioni di collegio elettorale (Quagliariello da dieci anni è eletto in Abruzzo, ndr). E a volte, per parafrasare il Gattopardo, per fare in modo che nulla cambi bisogna cambiare tutto. Ecco, io per proseguire intatto il lavoro intrapreso ho scelto di modificare radicalmente il mio ruolo piuttosto che essere paracadutato da una parte all’altra”.
Insomma, non un passo indietro.
“Un passo avanti. Difatti credo di aver fatto più campagna elettorale che se fossi stato candidato in prima persona”.
Campagna per un simbolo un po’ particolare, che ne racchiude quattro sotto la scritta comune di “Noi Moderati”.
“Questo simbolo probabilmente non vincerebbe un concorso di bellezza, ma rende bene l’idea di un percorso. Di uno sforzo di unire, mentre tutto si disgrega. Vede, abbiamo avuto sedicenti centristi che hanno fatto la federazione con la Bonino e poi ci sono finiti a sediate, poi hanno fatto l’accordo col Pd salvo scoprire che forse non gli conveniva e mandare tutto a monte con insulti annessi, poi si sono presentati come ‘moderati’ mettendosi sul cucuzzolo della montagna a trinciare giudizi su tutto e tutti…”.
Ogni riferimento a Carlo Calenda…
“E’ assolutamente intenzionale”.
Eppure veleggiavate tutti verso il centro…
“Su diversi argomenti abbiamo opinioni non dissimili. Ma ‘centro’, ‘moderazione’, significa anche equilibrio, inclusività, chiarezza di traiettoria. Noi avevamo sempre detto che avremmo potuto essere il centro del centrodestra o il centrodestra del centro, nell’auspicio che la nostra coalizione di provenienza riconoscesse alla nostra area agibilità politica”.
Cosa che è accaduta.
“Sì. In particolare Giorgia Meloni – gliene va dato atto – ha ritenuto la nostra presenza un valore aggiunto. Tant’è che non ci sono state chieste abiure. Neanche sul nostro voto di fiducia al governo Draghi quando altri lo terremotavano a pochi mesi dalla scadenza naturale della legislatura…”.
Soggetti che però ora sono vostri alleati…
“Non trova che gli italiani di buon senso che non hanno condiviso la caduta anticipata del governo Draghi e che non voterebbero mai la sinistra ufficiale, la sinistra travestita da terzi e quarti poli, e la sinistra in salsa grillina, abbiano il diritto di essere rappresentati? Che le loro posizioni abbiano il diritto di incidere sulle scelte strategiche per il nostro Paese in anni che saranno cruciali?”.
Sì sì certo, tutte le posizioni hanno diritto di essere rappresentate.
“Ma quella che le ho appena enunciato, senza di noi non avrebbe avuto voce. E, soprattutto, sarebbe stata destinata a non avere una casa politica dopo il 25 settembre”.
Sta dicendo che l’esperimento di “Noi Moderati” non è a termine?
“Certo che non lo è. E’ una start up che guarda al futuro. A un futuro assai prossimo nel quale i grandi bluff si riveleranno come tali e le forze sul viale del tramonto si eclisseranno definitivamente dietro la linea dell’orizzonte”.
Programma in pillole?
“I nostri No: debito pubblico, statalismo, assistenzialismo, spesa improduttiva, decrescita infelice, ambiguità internazionale. I nostri Sì: atlantismo, europeismo intelligente, interesse nazionale in un mondo interconnesso, sviluppo, infrastrutture, autonomia energetica, investimenti, formazione, riforme istituzionali, riduzione dei gap territoriali”.
Lo sa anche lei, vero, che su diversi di questi punti la coalizione della quale fate parte non è esattamente unanime?
“Se ci fosse unanimità non sarebbe una coalizione ma un monolite. Ma su alcuni di questi punti non si può transigere perché attengono alla sovranità e all’interesse della nostra nazionale. E noi ne saremo garanti”.
Moderati sovranisti?
“Moderati per la sovranità. Che nel 2022 non significa agitare striscioni a Bruxelles ma garantirsi indipendenza energetica, abbattere il debito pubblico invece di pensare di risolvere tutto a suon di scostamenti di bilancio, invertire la china del declino demografico, stare dalla parte dell’Ucraina e della Nato…”.
Sennò saranno guai, preannuncia Ursula Von Der Leyen. Con le sue sortite la presidente della Commissione Europea non rischia di dare ragione, o quantomeno fiato, agli antieuropeisti?
“Un’uscita non necessaria e non utile, la sua. Chiunque abbia a cuore davvero l’Italia sa che ci sono obblighi internazionali inderogabili. E che derogarli comporterebbe conseguenze, specie per un Paese indebitato come il nostro. Dirlo nei termini in cui lo ha fatto la Von Der Leyen, a due giorni dal voto, rischia di alimentare l’opinione di chi non ha questo concetto del tutto chiaro. Comunque, la stabilità interna e internazionale dell’Italia avrà dei garanti, e quei garanti saremo noi”.
Vi candidate a fare i cani da guardia per conto degli euroburocrati di Bruxelles?
“No, a difendere l’interesse nazionale con i fatti e non con gli slogan. Whatever it takes”.
Già nostalgia di Draghi?
“Volontà di preservare un metodo. Senza candidarlo a sua insaputa, come ha fatto Calenda”.
Supererete lo sbarramento?
“Mi auguro di sì. Ma in ogni caso saremo in campo. Pronti per il futuro”.