Questo Governo sta lavorando per fare dell’Italia un Paese federale

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Questo Governo sta lavorando per fare dell’Italia un Paese federale

27 Maggio 2009

 

Il 5 Gennaio 1776 il New Hampshire fu il primo Stato a dichiarare il proprio autogoverno dalla Corona Inglese e a dotarsi di un proprio Parlamento su quella sponda dell’Atlantico che vedrà poi nascere gli Stati Uniti d’America. Oggi il New Hampshire è uno degli Stati federati e porta ancora legittimamente gli onori di quella “prima volta” confermandosi nella propria democrazia estesa al punto di controbilanciare la propria autonomia legislativa verso il potere federale con un autonomo Senato di 24 membri ed una Camera dei rappresentanti di ben 400. Questo simulacro di democrazia federale ha 1.300.00 abitanti , poco più della mia Provincia di Brescia.

Ma non è certo l’unico esempio: il Maine con 1.300.000 abitanti ha 35 Senatori e 151 Deputati nelle sua aule statali, l’Utah 2.300.000 abitanti 29 Senatori e 75 Deputati, il New Mexico 1.800.000 abitanti 42 Senatori e 70 Deputati, l’Alabama con 5 milioni di abitanti ha nelle sue assemblee legislative 35 Senatori e 106 Deputati e via così.

Sono solo esempi che ci servono per ridefinire quel dato buttato li a mo’ di esempio forzato quando si dice "Eh gli Americani ….loro si che sono bravi , con 100 Senatori e 435 Rappresentanti sono capaci di governare gli Stati Uniti . Dovremmo fare anche noi così !". A chi dice questa frase, e ultimamente sono in molti, va ricordato che quel grande paese democratico è uno stato federale nel vero senso della parola (niente a che vedere con il nostro regionalismo) e che quindi i parlamentari che siedono nella Capitale sono si importanti ma non certo meno dei moltissimi Senatori e Deputati che siedono nelle assemblee legislative dei singoli Stati federati stretti attorno alla loro storica autonomia legislativa.

La controprova è che paesi di altrettanta provata democrazia come l’Inghilterra e la Francia (simili a noi per dati demografici) che hanno strutture istituzionali non federali non risparmiano certo in rappresentanza democratica.

I Sudditi di Sua Maestà Britannica hanno 1300 parlamentari divisi tra Lord (ormai per la maggior parte elettivi) e Camera dei Comuni e sotto il vessillo francese i parlamentari sono una manciata meno di quelli italiani. Detto questo, si capisce l’immediata logica di quanto affermato nei giorni scorsi dal nostro Segretario Umberto Bossi nel richiamare la riforma costituzionale varata due legislature fa, con quattro passaggi nelle aule parlamentari come prescrive la Costituzione e poi fatta bocciare dalla sinistra attraverso il referendum confermativo. In quella riforma il dato sostanziale non era una populistica e semplicistica riduzione dei parlamentari ma una revisione in senso realmente federale dell’architettura dello Stato. Il trasferimento di poteri legislativi esclusivi alle Regioni e la conseguante rimodulazione delle funzioni del Parlamento centrale sostenevano, come risultato residuale, la riorganizzazione delle Camere e l’ovvia riduzione dei parlamentari nazionali.

Quindi oggi non è pletorico il Parlamento, seppure con i suoi difetti funzionali. E’ invece populistico buttar lì provocazioni sul numero dei parlamentari senza sostenere l’ipotesi con una parallela politica che porti all’accelerazione di un’architettura federale dello Stato.

Il lavoro di concerto dei nostri Ministri sta producendo una riorganizzazione dal basso delle strutture politico-amministrative periferiche. Il che significherà l’eliminazione di enti inutili e nuove forme semplificate di governo locale del territorio. Questa ridefinizione di ruoli e funzioni insieme all’attuazione del federalismo fiscale, che la Lega ha fortemente voluto, sono il primo passo verso uno Stato diverso e l’ossatura portante di un futuro, speriamo prossimo, Stato federale.

Crediamo che negare queste considerazioni sia politicamente pericoloso poiché se è vero che la democrazia non è in gioco è anche vero che la democrazia non è un gioco. La rappresentanza ampia deve esserci dove si fanno le leggi e ad oggi le leggi si fanno alla Camera e al Senato (e solo in parte nelle Regioni) e quindi è impensabile mutilare la delegazione popolare dicendo al popolo stesso che non serve (è qui che si capisce che il vero cappone è il popolo!).

La Lega è consapevole che la teoria e la prassi parlamentare oggi non sono funzionali tanto è vero che ha già sollecitato alla Camera una seria revisione dei regolamenti mettendo in evidenza anche delle sue ponderate proposte. Certamente si potrebbe dare più capacità legislativa alle Commissioni ed anche definire tempi più certi ai processi legislativi  D’altra parte, si è visto con il federalismo fiscale, che non è vero che per provvedimenti di grande importanza servono anni; con la giusta modulazione di capacità e sensibilità politica si possono fare in sei mesi rivoluzioni epocali con la massima rappresentanza democratica.

Per rassicurare il lettore su quello che si fa a Roma vi dirò che la giornata da cappone tra commissioni e aula e ben più lunga ed impegnativa di quanto non si veda in televisione e non si limita allo schiacciare un bottoncino.

Il Cav. in Parlamento c’è entrato da leader del suo partito (quello inventato, fondato e costruito da lui) e forse di giorni da cappone ne ha fatti pochi.

*Raffaele Volpi è deputato della Lega Nord e membro della Commissione Affari Costituzionali della Camera