Rialzano i tassi ma nervi saldi che alla Fed non sono matti
16 Giugno 2022
Le borse precipitano dopo la mossa aggressiva della Fed di aumentare i tassi di interesse. Una decisione che ci riporta a metà degli anni novanta ma non chiarisce in che direzione va l’America. Wall Street amplia le perdite temendo la recessione, tra gli operatori cresce la paura che la stretta imposta dalla Fed possa innescare un rallentamento della economia peggiore di quello già previsto. Anche perché dopo l’aumento dei tassi di 75 punti base deciso ieri, +1,5% da inizio anno, all’orizzonte sembra profilarsi un nuovo ritocco dello 0,50%.
L’impressione è che il presidente della Fed Powell continuerà a rialzare i tassi finché l’inflazione non sarà sotto controllo. Il problema è che negli Usa la inflazione non era mai salita così in alto da 40 anni. Intanto oggi il Dow Jones cede il 2,8%, il Nasdaq perde il 4,13%, S&P 500 segna meno 3,35%. Male anche Milano (-3,3%) e gli altri listini europei.
Cosa ha in mente Powell
Ma cosa ha in mente Powell? È così sicuro che gli Usa continueranno a combattere l’inflazione aumentando i tassi con una economia globale in crisi? Oppure per non cascare in recessione la Fed tornerà a pompare denaro e al quantitative easing lasciando le briglia più sciolta alla inflazione? L’incertezza deriva anche dal quadro fatto dal presidente della Fed. Powell parla di un “atterraggio morbido” che riporti l’inflazione sotto controllo e nello stesso tempo impedisca che la stretta delle banche centrali spinga verso la recessione. La Fed sembra anche convinta che i fondamentali dell’economia Usa rimangano forti e che i consumatori americani vogliono continuare a spendere.
Certo qualche dubbio viene, considerando che è la stessa Fed che durante la pandemia aveva pompato miliardi di dollari nel sistema economico spiegando che questo non avrebbe provocato una ondata inflattiva. Ad ogni modo gli effetti della decisione americana si sono già visti sull’aumento dei tassi deciso da altre banche centrali, da Uk alla Svizzera. Forse la Fed sperava che la mossa presa nei mesi scorsi con l’aumento di 50 punti base dei tassi potesse contenere l’inflazione ma non è andata così. Da qui la mossa di ieri e la ipotesi di un ulteriore aumenti dei tassi se la situazione dovesse peggiorare. Va detto anche che Powell continua ad assicurare tutti sul fatto che non ci sarà una riduzione del bilancio, insomma continueranno ad arrivare risorse al Tesoro e così via. Fatto sta che serviranno anni per tornare ai bilanci prepandemici vista l’enorme quantità di risorse che sono state liberate.
Le prospettive dopo l’intervento della Fed sui tassi
La domanda è, saranno sufficienti questi aumenti dei tassi o ci stiamo avviando verso uno scenario alla anni Settanta quando fu necessario aumentarli del 20% per abbassare la testa alla inflazione? Ancora una volta, e questa forse è la differenza con l’Europa, la contraddizione nella economia americana sembra esasperarsi. Una economia che si regge sul debito e sui soldi facili per spingerla in avanti. E’ una bolla che è già scoppiata e potrebbe scoppiare ancora. L’impressione è che la Fed non possa far crollare l’economia Usa continuando sulla strada intrapresa ieri. Il discorso di Powell riecheggia in ogni caso rassicurazioni che ascoltiamo anche in Italia e in Europa. L’economia regge, i consumatori comprano, l’occupazione scende solo leggermente, non ci sono segni di una recessione della economia.
Ma quanto i consumatori americani stanno comprando a debito con le loro carte di credito? Comprando le stesse cose che costano di più? Insomma l’economia Usa sembra a un punto di svolta. Alti tassi e rischio recessione o nuovo debito?