Ripensiamo welfare, assistenza e servizi alla persona

Banner Occidentale
Banner Occidentale


Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Ripensiamo welfare, assistenza e servizi alla persona

Ripensiamo welfare, assistenza e servizi alla persona

19 Gennaio 2023

Nel 2021 il welfare preso nel suo insieme, previdenza, assistenza e sanità, è costato 517,7 miliardi. Oltre il 52% della spesa pubblica. Dal 2008 a oggi la sola spesa assistenziale in Italia si è raddoppiata, da 73 a 144 miliardi di euro. Tra il 2019 e il 2021 è aumentata di ben 30 miliardi. Questo però non ha risolto il problema della povertà assoluta che è aumentata. Insieme al debito pubblico.

Il welfare secondo Itinerari previdenziali

Sono i dati del Decimo Rapporto di Itinerari previdenziali. Il Rapporto mostra che nel 2021 ci sono stati circa sette milioni di pensionati totalmente o parzialmente assistiti, quasi il 44% dei 16 milioni e passa di pensioni nel nostro Paese. Pensioni di invalidità, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali, pensioni di guerra, integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali e quattordicesima. rappresentano il 10% della spesa previdenziale, oltre 25 miliardi di euro.

Tra le 22,7 milioni di pensioni erogate nel nostro Paese ce ne sono quasi 400mila che hanno una decorrenza di oltre 42 anni. Il dato che emerge appare quindi molto chiaro: la spesa per assistenza è il punto debole del nostro welfare state. Secondo il presidente Brambilla, la proposta di Forza Italia di portare le pensioni più basse a 1.000 euro al mese è impraticabile, costerebbe 27 miliardi l’anno portando l’Inps in default in pochi anni.

Il nodo pensioni

Le persone inoltre sarebbero dissuase dal versare i contributi nella convinzione di poter ottenere comunque un’alta pensione sociale. No anche all’aumento delle pensioni minime a 600 euro per il 2023, perché sarebbe difficile per la politica tornare indietro. Oggi la ministra del Lavoro Calderone, e il ministro della Economia, Giorgetti, incontreranno i rappresentanti della parti sociali al ministero del Lavoro. Sul tavolo, anche la riforma delle pensioni.

I sindacati sono fermi alla proposta di una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni senza penalizzazioni. Chiedono attenzione verso i giovani con una pensione di garanzia e l’uscita con 41 anni di contributi senza limiti di età. Il criterio che potrebbe essere adottato come mediazione è sì la flessibilità ma che penalizzi le uscite anticipate rispetto all’età di vecchiaia. Tornando a Itinerari previdenziali, si può fare ancora qualche considerazione.

Ripensare assistenza e servizi alla persona

Per quanto al nostro Paese serva ancora una riforma strutturale del sistema pensionistico, occorre scorporare la spesa per la assistenza da quella previdenziale. Questo ridurrebbe la incidenza delle pensioni su Pil di un punto e mezzo circa (oltre 23 miliardi di euro). Chi ha bisogno, non va lasciato indietro ma occorre razionalizzare la spesa assistenziale inefficiente. Un solo dato: la anagrafe dei lavoratori attivi era prevista nel 2004. L’ha fatta Draghi l’anno scorso.

Ancora, occorre concentrarsi sulle politiche attive del lavoro. Infine una considerazione più di sistema. Gli andamanti demografici nel nostro Paese, i dati sulla spesa previdenziale e il sistema pensionistico, quelli sui bisogni della assistenza. Presi nel loro insieme, questi fattori indicano che un ripensamento complessivo del welfare, puntando sui servizi alla persona, potrebbe essere una opportunità per il nostro sistema economico.