Se la “Casta” non fa sacrifici come ne può chiedere agli italiani?
22 Luglio 2011
Caro Direttore, con buona pace dei sacerdoti della sacralità delle istituzioni, quello che è accaduto l’altro giorno alla Camera era l’unica cosa ragionevole e possibile da fare proprio per salvare la stessa faccia delle istituzioni e provare a dare un segnale di ravvedimento. Prima di stracciarci le vesti e parlare di assalto al Parlamento, ragioniamo con un attimo di calma.
Tutti concordano (e a ragione) che non sia accettabile e anzi è pericoloso per la democrazia tenere le Camere e i rappresentanti del popolo sotto scacco di qualunque pm che voglia sferrare un attacco sfruttando le sue prerogative di legge e, soprattutto, utilizzando prove e intercettazioni per giustificare rischi di reiterazione del reato o di fuga.
Tutto giusto ma sovrastato da un “ma” grande e pesante come una montagna: l’insofferenza crescente e sempre più forte dei cittadini verso la casta e i benefici che si è cucita addosso separandosi dal Paese reale ormai da troppo tempo.
Come si può chiedere alla gente di capire, ergendosi a difensore dell’intangibilità (giusta) delle istituzioni e dei rappresentanti eletti dal popolo sovrano, quando non più tardi della scorsa settimana il popolo sovrano è uscito con le ossa rotte dalla votazione pressoché unanime sulla Legge finanziaria? L’operazione andava fatta necessariamente, doveva essere pesante e bisognava onorare gli impegni con l’Europa per non finire come la Grecia. D’accordo, anche perché su tutti aleggiava la richiesta di concordia bipartizan voluta giustamente dal capo dello Stato, oggi più che mai reale salvaguardia degli interessi del Paese.
Ma l’errore madornale, direi quasi lo schiaffo offensivo che è uscito da quella manovra, è stato il fatto che mentre si torchiavano gli italiani, e nemmeno in maniera equa tra le varie classi sociali, al contempo la casta prendeva sì atto della necessità di moderare la sua voracità, ma per la soluzione se ne sarebbe parlato soltanto nella prossima legislatura. Intanto in questa si proponevano iniziative che chiamare risibili permette solo per evitare epiteti da caserma. Soltanto l’indignazione che è montata da ogni settore della società ha fatto capire che il gioco era stato scoperto e che la gente ne aveva abbastanza. Da qui il patetico rincorrersi del recupero, oltre la fine della partita, al quale stiamo assistendo in questi giorni: oggi sono tutti pronti, Camera e Senato, a ridurre i propri costi del 10 per cento.
Francamente poco e fuori tempo in un Paese dove non più tardi dell’altro ieri emergeva la notizia di circa tre milioni di famiglie sotto la soglia della povertà e oggi quella per cui c’è una forte probabilità, sono dati dell’ufficio studi di Confindustria, di crescita economica zero nei prossimi trimestri del 2011.
In più stiamo aspettando poi quello che succederà a Bruxelles per affrontare finalmente, si spera, il problema Grecia. Se un suggerimento è opportuno dare a chi ci governa, e anche all’opposizione, è quello di uscire dal loro mondo ovattato del tutto slegato dalla realtà nella quale vivono e combattono quotidianamente i cittadini. Escano a piedi tra la gente, ascoltino quello che dice invece di trascinarsi orde di giornalisti al seguito, provino a comportarsi da cittadino qualunque.
Capirebbero molte più cose, avrebbero finalmente, forse e se ne sono capaci, il polso della situazione. Se non lo faranno c’è il rischio che vadano tutti a fondo, cancellati da uno tsunami sociale del quale nemmeno immaginano la potenza dirompente, e regalerebbero il paese alla non politica, al caos.