Se l’America ripudia le proprie radici nella rincorsa alla Cina

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Se l’America ripudia le proprie radici nella rincorsa alla Cina

Se l’America ripudia le proprie radici nella rincorsa alla Cina

02 Novembre 2022

L’America sta ripudiando i suoi valori? “Per troppo tempo abbiamo parlato di costruire la migliore economia del mondo. Finalmente….lo stiamo facendo”. Questo non è Xi Jinping alla fine del Congresso del partito Comunista cinese. Questo è Biden, a Pittsburgh, profonda rust belt, dove la globalizzazione ha lasciato le ferite più profonde.

Nei primi venti mesi del suo mandato Biden ha completato il più grosso intervento di stimolo all’economia della storia degli Stati Uniti. 1.2 trilioni di dollari dedicati alle infrastrutture, 280 miliardi allo sviluppo del settore dei semiconduttori e della ricerca scientifica e 390 milioni dedicati alla transizione energetica. Ciò si aggiunge al già sostanzioso intervento statale del Marzo 2021 denominato American Rescue Plan. Il piano conteneva, tra le altre cose, misure di sostegno alle famiglie, interventi di welfare più generosi e sostegni alla disoccupazione.

La Cina e la “Pax Americana”

Per anni l’America è stata estremamente diffidente rispetto all’intervento statale in economia. Gli Usa hanno promosso la concorrenza globale, tagliato tariffe doganali e barriere al commercio, delocalizzato le attività produttive. Hanno lottato contro i monopoli, spianato la strada alle imprese che hanno portato i loro prodotti in tutti i mercati mondiali.

Tuttavia, oggi, il mondo non è più lo stesso. Le sfide economico sociali, come la recente recessione indotta dalla pandemia e la transizione energetica, hanno una portata storica ed emergenziale senza precedenti.

A questo si aggiunge l’inesorabile avanzata della Cina che mette a soqquadro la Pax Americana. Così l’America, nel tentativo di proteggere i propri cittadini ed eguagliare il vigore del dirigismo economico cinese, ha invertito la rotta in maniera decisa.

A ragion del vero, una prima accelerazione fu impressa dall’amministrazione Trump che ha ripudiato la tradizionale visione liberale del mondo a stelle e strisce. Trump ha imposto tariffe e riportato il focus sulla manifattura americana votando, in piena pandemia, un pacchetto di stimoli e sostegni pari a 3 trilioni di dollari.

Biden sta continuando lo stesso percorso di trasformazione del modello di crescita americana con lo Stato federale nel ruolo di avanguardia degli investimenti e dei commerci internazionali.

Bidenomics e intervento dello Stato

L’Economist stima che la Bidenomics porterà il rapporto tra gli investimenti di politica industriale federale e il PIL dallo 0,4% del 2019 allo 0,7%. Un incremento vertiginoso che trasformerà gli USA nello stato più interventista tra le economie sviluppate, secondo solo alla Cina. Tale incremento è finanziato in larga parte a debito: per due anni consecutivi l’Amministrazione Biden ha prodotto un deficit pari al 10% del PIL.

Molte teorie economiche, in particolare quelle di stampo keynesiano, dimostrano come la leva pubblica sia incredibilmente potente quando si tratta di attirare investimenti privati. La cronaca delle scorse settimane sembra confermare questa teoria. Intel ha sbloccato un investimento di 100 miliardi di dollari per realizzare una fabbrica di semiconduttori in Ohio. Qualcosa di simile farà Micron a New York. Molte altre aziende, tra cui Qualcomm e Wolfspeed, stanno confermando investimenti produttivi, spinti dagli incentivi fiscali previsti nella riforma dedicata alla manifattura dei semicondutttori.

L’America della Bideneconomics si spinge anche oltre. Per ottenere il credito fiscale nella sua interezza – ad esempio – le aziende devono raggiungere determinati standard salariali e prevedere programmi di aggiornamento professionale per i propri lavoratori. In questo modo i Dem vogliono incrementare gli impieghi ben pagati ed elevare le cosiddette hard skill dei lavoratori americani.

Sulla scia di questi piani federali, l’Ohio si sta candidando a diventare un hub di produzione di elettricità grazie ad una nuova fabbrica Ford e alla giga factory da 4 miliardi di dollari nata dalla partnership tra LG ed Honda. In primavera, la Virginia ha approvato il piano di 10 miliardi di dollari della Dominion Energy Virginia per installare 176 turbine eoliche al largo delle proprie coste, ciascuna delle quali genererà 14.7 megawatt.

Il prezzo dello statalismo

Tuttavia, non è tutto oro ciò che luccica. Iniettare stimoli e risorse nell’economia, soprattutto se finanziati a debito, non è condizione sufficiente a creare sviluppo. Anzi, in taluni frangenti storici, può creare effetti diametralmente opposti, come la distorsione del mercato ed il surriscaldamento dei prezzi. Già oggi si stima che gli interventi dell’Amministrazione Biden abbiano contribuito a circa 2.5 punti di inflazione.

Come insegnano molte esperienze passate, gli investimenti statali sono tutt’altro che efficienti, ancorché talvolta fallimentari. Basti pensare a Solyndra, astro nascente del solare para-statale americano, fallita in pochi anni; o all’abortito progetto di incentivo a Foxconn per forzarne l’investimento in Wisconsin.

Per intervenire nell’economia reale lo Stato dev’essere preparato. Necessita di una burocrazia efficiente che si sappia districare tra tempistiche, investimenti e business plan; una struttura di manager pubblici competenti che sappiano decifrare il mercato. Un settore fiscale di comprovata esperienza per guidare gli investimenti, monitorare i sussidi ed intervenire per tagliarli laddove necessario.

“Make America great again” e “Build Back Better”, benché slogan di matrice politica opposta, esprimono entrambe la promessa di riportare l’America alla grandezza che fu. Ma il prezzo che gli americani devono pagare per un futuro migliore è il ripudio le proprie radici.

Non più libero mercato, ma guidance economica statale. Al posto del libero commercio, patti bilaterali di matrice mercatista. Non più concorrenza, ma creazione di campioni nazionali in regimi oligopolisti. Al posto della libera impresa, un modello di impresa semi-statale. Non più cultura del lavoro, ma sussidi e welfare statale allargato.

Così l’elite politica a stelle e strisce, nel tentativo di mantenere la supremazia mondiale e vincere le sfide del presente, sta trasgredendo agli insegnamenti di Lincoln, interprete illustre dello spirito del proprio paese. Egli affermava : “non puoi restare fuori dai guai spendendo più di quanto guadagni, non puoi costruire il carattere e il coraggio privando l’uomo dell’iniziativa e dell’indipendenza, non puoi aiutare gli uomini facendo sempre in loro vece ciò che dovrebbero fare da soli”. Chissà se a Washington ricordano ancora queste parole.