Smart working, stato dell’arte e prospettive future

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Smart working, stato dell’arte e prospettive future

Smart working, stato dell’arte e prospettive future

05 Aprile 2022

Le norme sullo smart working introdotte a causa della pandemia sono state prorogate a fine giugno. Da un’indagine dell’Aidp, Associazione Italiana Direttori del Personale, è emerso un quadro chiaro, ma è evidente che il tema è capire come agiranno le imprese nella fase successiva.

Il rientro al lavoro

Più di un terzo delle aziende ha già stabilito le policy per il rientro da luglio, circa un terzo le sta definendo mentre altrettanti stanno aspettando di capire se la normativa cambierà nuovamente prima di scegliere dei provvedimenti. Ad ogni modo, è chiaro che lo smart working ha giocato un ruolo cruciale nella vita delle aziende e non verrà del tutto abbandonato.

Le prospettive future

Poco meno del 60% delle aziende ha esplicitato le proprie difficoltà nell’assumere o trattenere i dipendenti senza la garanzia dello smart working. Infatti, quasi il 90% ha confermato continuerà a dare la possibilità di lavorare da remoto anche dopo il 30 giugno.

La prospettiva è giungere a una modalità di lavoro ibrida. Il 38% delle aziende, infatti, ha affermato che i dipendenti avranno la possibilità di lavorare da remoto almeno due giorni a settimana e il 14% almeno uno.

È rilevante sottolineare che meno del 20% delle aziende ha contratti collettivi di regolazione dello smart working. La maggior parte invece, circa il 60%, ha dichiarato di non avere accordi simili. C‘è anche una quota rilevante, il 19%, che al momento è in fase di trattativa con i sindacati. Dal punto di vista dei contratti individuali, invece, il 56% delle aziende ha già predisposto il testo, mentre il 28% si sta adoprando per farlo.

I diritti nell’era dello smart working

Il lavoro in smart working porta diversi vantaggi, ma anche alcuni limiti. Questo è il motivo per cui il 42% delle imprese ha dichiarato di avere introdotto delle garanzie per quanto riguarda il diritto alla disconnessione e il 36% sta valutando di farlo.

Quasi la metà, inoltre, ha intenzione di adottare suggerimenti e buone prassi specifiche in modo da assicurare un’ottimale gestione del lavoro da remoto. Rientrano in questo ambito i codici di condotta per i tempi e la partecipazione a video riunioni e la gestione della corrispondenza mail. Questo approccio è molto diverso da quanto avevamo visto nei primi mesi di lockdown nel 2020.

Il south working: un fenomeno in crescita

Il south working si è diffuso a macchia d’olio ed è un fenomeno che non si può ignorare. Durante la pandemia, infatti, i dipendenti meridionali di aziende situate al nord o all’estero sono tornati nelle regioni d’origine per lavorare da remoto.

Dal 2020 il south working ha riguardato più di una realtà su quattro: sono numeri molto rilevanti. L’identikit è chiaro, si tratta di uomini laureati con meno di 35 anni. Questo fenomeno coinvolge anche le donne, che però sono solo il 39,50% del totale.

È già noto che dopo il termine della proroga del governo il 15% delle aziende continuerà a permettere il south working, contrariamente all maggioranza del 58% che non si è espressa favorevolmente.