Spostiamo l’ambasciata italiana da Tel Aviv a Gerusalemme
25 Maggio 2011
Una proposta alla Farnesina: l’ambasciata italiana in Israele si può spostare da Tel Aviv a Gerusalemme? Se a settembre alcune nazioni riconosceranno unilateralmente la Palestina, ridisegnata sui confini del sessantasette, con questa mossa si affermerebbe il carattere ebraico della capitale d’Israele almeno da parte dello stato italiano. Insomma, l’Italia in questi anni e con questo governo si è sempre mostrata alleato fedele dello stato ebraico. Tutto il governo. Infatti, dalla rottura tra il Cav. e i Finicotteri- pennuti migratori da rutilanti cravatte rosa- le uniche volte che abbiamo rivisto insieme i duellanti è stato presso l’ambasciata israeliana a Roma e in tutti e due i casi per festeggiare l’anniversario della nascita dello stato d’Israele, nel 2010 e nel 2011.
Il sostegno a Israele beneficia quindi dell’intesa di tutta la maggioranza e non solo per condividere la classica pizza pasta e mandulino. Riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato ebraico con un’ambasciata sarebbe un atto decoroso per chi si definisce friend of Israel. La “generazione di Ebrei che si proclamava come l’ultima a subire l’oppressione e la prima a conoscere la redenzione”, ricordava Menachem Begin, leggeva sul Muro del pianto, il Kotel, la testimonianza viva del loro glorioso passato, la carta dei loro diritti scolpita nella pietra, la storia della Tradizione e della Memoria dello stato di David.
Nel 1995 anche gli Stati Uniti provarono a cristallizzare e storicizzare questo concetto. Durante la presidenza Clinton si stilò una proposta di legge, nominata The Jerusalem Embassy Relocation Act (JERA), per riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato ebraico e per allocare nella parte ovest della città l’ambasciata americana. Il Relocation Act, però, non è mai stato implementato, né da Clinton né dai sui successori. Il motivo è stato sempre lo stesso: rinuncia a causa d’interessi di sicurezza nazionale; infatti, il giorno dell’ufficializzazione dello JERA il boss di Hezbollah, Hassan Nasrallah, minacciò di "trasformare la futura ambasciata americana in macerie” e “di restituire nelle bare i corpi dei diplomatici presenti".
Se Roma, dunque, decidesse d’intraprendere la battaglia diplomatica per spostare la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme troverebbe sicuri alleati sia dentro che fuori dall’Italia. Sarebbe “un altro regalo dello stato italiano” e un’azione, ispirata dal principio di burden sharing, talmente coraggiosa da dimostrare che ancora una volta, per Israele, l’Italia s’è dest(r)a.