Staino: “Transizione dolce al digitale o il contante si prenderà la rivincita”
06 Giugno 2022
“La digitalizzazione della moneta è un processo complesso che viene spesso banalizzato per ragioni ideologiche,” dice all’Occidentale Antonio Staino, presidente di Assovalori, la associazione che riunisce le aziende del trasporto valori in Italia. “Quella stessa ideologia che negli ultimi anni ha spinto verso la progressiva e insensata demonizzazione del denaro contante”. Parliamo allora di uso del contante, sicurezza e libertà di scelta nei pagamenti, moneta digitale.
Presidente Staino, dicono che i pagamenti digitali sono più economici di un furgone portavalori.
Sono dichiarazioni di parte, in quanto la gestione del denaro contante è un costo per il sistema bancario. Al contrario, le commissioni applicate ai pagamenti digitali sono una fonte di guadagno. Le imprese che muovono il settore del Cash in transit in Italia hanno garantito un servizio alle Comunità anche nei tempi più bui della pandemia, al contrario, e senza immaginare attacchi cybernetici, un semplice blackout blocca l’economia. Insieme all’indotto, il nostro settore conta decine di migliaia di lavoratori e le loro famiglie. Colpevolizzarli con semplificazioni inappropriate come questa, quasi fossero cose e non persone, la trovo una assoluta mancanza di rispetto. E a proposito di costi per gli italiani, vorrei ricordare cos’è accaduto ad aprile…
Il blackout di carte e bancomat?
Esatto, per colpa di un colossale disservizio tecnico tanti italiani hanno dovuto lasciare il carrello della spesa alla cassa del supermercato e tornare a casa per munirsi di denaro contante. I costi di questi disservizi chi li calcola? Chi li paga? Altro che ‘digitale più economico dei furgoni portavalori’! Per non dire dei rischi enormi legati alle frodi informatiche, alle truffe sul web, agli hacker e alla cyber-criminalità.
Insomma no cash, no party…
C’è una abitudine diffusa tra italiani, tedeschi e spagnoli a usare denaro contante. Tre grandi Paesi europei che hanno comportamenti di pagamento diversi da quelli del blocco del Nord Europa, dove i governi hanno spinto di più verso la digitalizzazione della moneta. La questione è questa: a nessuno verrebbe mai in mente di limitare l’uso di carte, bancomat, wallet digitali e quant’altro ci offre la moderna tecnologia. Invece verso il denaro contante c’è un atteggiamento sempre più ostile, si tenta di limitarne la circolazione e di punire chi ne fa uso. Eppure la Commissione Europea lo ritiene insostituibile. Evidentemente ci sono forze e interessi che vogliono favorire i giganti dei pagamenti elettronici e digitali.
Dove vuole arrivare?
Non c’è dubbio che la moneta evolve. Credo però che la transizione verso i nuovi strumenti di pagamento digitali debba avvenire in maniera ‘dolce’, graduale e ordinata, ispirandosi a due principi fondamentali. La libertà di scelta dei cittadini e l’inclusione sociale.
Chi sono gli esclusi?
Gli anziani che continuano ad andare in posta a prelevare la pensione, per esempio. Non mi sembra che siano una quota minoritaria nella composizione sociodemografica del nostro Paese. Gli unbanked, chi non ha conti correnti, le fasce del disagio sociale. Sono persone che utilizzano monete e banconote perché non hanno altri strumenti di pagamento disponibili, ecco perché lo Stato ha il dovere di garantire il giusto mix di pagamenti evitando che il cambio di paradigma tecnologico abbia contraccolpi negativi dal punto di vista socioeconomico. Il cash non può sparire. La Bce ha più volte sottolineato che il contante è una riserva di valore per tante persone in difficoltà. Pensiamo ai profughi e ai rifugiati che arrivano nel nostro Paese. Quando sono scappati da guerre e persecuzioni si sono portati dietro il contante più che la password della loro ‘app’ bancaria. Bisogna proteggere la ricchezza sociale e c’è un grande problema di educazione finanziaria digitale. Le persone non possono essere tagliate fuori dal sistema economico solo perché non sanno cosa sia PayPal.
In Parlamento c’è chi ha nostalgia del Cashback ed è convinto che averlo eliminato sia stato un errore. Perché Assovalori si è schierata da subito per togliere questo provvedimento?
Perché avevamo capito che il Cashback sarebbe stato troppo oneroso per le casse dello Stato, oltre a essere un provvedimento iniquo.
La tesi dei sostenitori del Cashback però è che andando a regime avrebbe potuto dare una forte spinta ai consumi…
Forse ai consumi delle famiglie con i redditi più alti, com’è emerso dall’identikit di chi ne ha usufruito maggiormente. Un altro bel modo di aggravare le disparità sociali! No, noi non abbiamo alcuna nostalgia del cashback.
Con il digitale non si contrastano evasione e riciclaggio?
In Italia c’è una evasione stimata di 100 miliardi l’anno. L’agenzia delle entrate fa il suo dovere scoprendo i grandi evasori, patteggiando con le multinazionali che eludono, combattendo la dark economy che è l’habitat naturale della criminalità organizzata. Messe insieme, queste sono le cifre che fanno la differenza nella lotta all’evasione. Come si può pensare che premiando la madre di famiglia che fa la spesa al supermercato pagando con la carta di credito si sconfigga il crimine o si recuperino decine di miliardi di evasione che mancano ogni anno all’appello? Il cashback si è rivelato poco efficace nella lotta al sommerso.
Gli esercenti che non usano carte e bancomat verranno multati.
Questi provvedimenti nascondono una logica punitiva. Si deprime la libertà di scelta nei pagamenti, si addossa la responsabilità della evasione su categorie che ogni giorno lavorano e producono ricchezza nel Paese, ma non vengono risolti i nodi strutturali della economia italiana: fisco e burocrazia opprimenti, scarsa produttività, il costo del lavoro troppo alto. Invece il problema diventa multare gli esercenti che non usano i bancomat. Ma il tax credit sugli “Smart Pos”, i Pos più evoluti, che fine ha fatto? Gli stessi governi che hanno usato provvedimenti come il Cashback per ricavare un consenso politico avevano promesso agevolazioni sulle commissioni dei pagamenti con i Pos ai commercianti. Tanti annunci, si fa la voce grossa con chi fa impresa e cosa fa realmente lo Stato per favorire il ricambio tecnologico?
Il tetto all’uso del contante a mille euro invece è slittato al prossimo anno.
La questione del tetto al contante è come il gioco dell’oca. La norma è stata modificata almeno una decina di volte negli ultimi vent’anni. Prima c’era un tetto oltre i 12mila euro, poi siamo scesi a 2mila. Il Governo Renzi nel 2016 ha rialzato a 3mila euro il tetto, abbassato da Monti cinque anni prima. Il Governo Conte ha riabbassato il limite a 2mila euro nell’estate del 2020, poi ha previsto una ulteriore riduzione a mille euro dal gennaio del 2022. Ora è tutto congelato. Certo, la situazione macro-econonica che viviamo in questa fase storica è diversa dal passato e comprendo anche che dobbiamo rispettare gli impegni presi con l’Unione Europea sulla questione della trasformazione digitale. Mi chiedo però se queste continue giravolte normative non siano il riflesso di un tira e molla politico, un gioco dell’oca costoso per chi fa impresa e ha bisogno di regole certe.
Nel corso dell’ultimo convegno dell’Associazione Nazionale dei commercialisti è emersa la necessità di avere delle leggi per regolamentare l’uso dell’euro digitale e delle criptovalute. Lei che ne pensa?
È un settore che va regolamentato e le monete digitali devono ancora conquistarsi la fiducia dei cittadini. Dalla consultazione pubblica sull’Euro digitale promossa dalla Bce è emerso chiaramente che la maggioranza degli europei vuole più sicurezza cibernetica e non rinuncia alla tutela della privacy. La transizione alle monete digitali e alle criptovalute deve prevedere dunque un riconoscimento legislativo e delle regolamentazioni che facciano capo alla Banca centrale europea. I rischi del cybercrimine, frodi e truffe, il timore generato dalle guerre digitali, il rischio di un uso illiberale dei dati personali in mano agli Stati e alle multinazionali, sono tutti aspetti su cui la Ue ha il dovere di intervenire.
Siete favorevoli all’Euro digitale?
Assovalori sostiene la decisione europea di dotarsi di una valuta digitale sicura e competitiva con quelle sviluppate da altri Paesi come la Cina. Non avere un euro digitale significherebbe lasciare campo libero a grandi potenze che giocano la loro partita geopolitica, come pure alle multinazionali private interessate ad acquisire, profilare e gestire montagne di dati personali. È notizia di questi giorni che gli Usa stanno alzando i paletti davanti alla espansione dello yuan digitale. Ma gli europei debbono continuare ad avere libertà di scelta nei pagamenti. Come dice la Ue il cash va preservato come riserva di valore e strumento di scambio. D’altra parte, la Commissione ha già annunciato il restyling grafico delle nuove banconote in Euro.
Concludendo?
Demonizzare il contante è un errore. Limitarne l’uso ci espone a gravi rischi. L’anarchia che c’è sul web intorno a fenomeni come i bitcoin va arginata con una vera educazione finanziaria rivolta soprattutto ai più giovani. La transizione al digitale deve avvenire con maturità e consapevolezza o il contante si prenderà la rivincita.