Sulla Blue Line con UNIFIL, aspettando Teheran

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Sulla Blue Line con UNIFIL, aspettando Teheran

Sulla Blue Line con UNIFIL, aspettando Teheran

05 Agosto 2024

Anche sulla Blue Line, al confine tra Israele, le alture del Golan e il Libano, si attende con il fiato sospeso l’annunciata ritorsione iraniana e dei suoi proxies contro Israele dopo l’eliminazione dei gerarchi di Hamas e dell’Hezbollah. E anche le truppe Onu di UNIFIL, più di diecimila uomini, milleduecento soldati italiani, aspettano di capire se partirà la nuova escalation. La diplomazia è al lavoro, le autorità libanesi provano a gettare acqua sul fuoco, ma non è chiaro se una soluzione politica sia ancora percorribile.

Secondo il portavoce della missione UNIFIL, Andrea Tenenti, “una soluzione militare avrebbe conseguenze catastrofiche non solo per Israele e il Libano ma per l’intera regione”. Quella in Libano per gli italiani è una missione impegnativa, sia psicologicamente che fisicamente. 200 attività al giorno, tra pattuglie, osservazione e punti di monitoraggio. Dal 7 ottobre, sono stati costretti a ripararsi nei bunker molte volte alla settimana. Il ministro degli Esteri Tajani ha invitato i 3 mila civili nostri connazionali a rientrare in Italia il più presto possibile. Il governo ha aggiornato i piani di evacuazione, allertando navi e aerei da trasporto.

Il ministro della Difesa Crosetto ha sottolineato l’importanza di UNIFIL, giudicandola “l’unico elemento che al momento può portare stabilità ed evitare ulteriori escalation”. Crosetto ha chiesto il rispetto della risoluzione 1701 dell’Onu, che autorizza nell’area ‘cuscinetto’ tra il Paese dei cedri ed Israele la sola presenza armata di Unifil e delle forze armate libanesi. Ma Hezbollah, ha aggiunto, “ha creato nel tempo una rete di avamposti, installazioni, depositi di armi e munizioni, forte del fatto che i militari Onu, costretti dal mandato a operare solo al seguito delle Forze armate libanesi, non sarebbero intervenuti”.

Il ministro ha quindi sollecitato il segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres, ad attuare misure per “garantire la piena sicurezza” del personale e, nello stesso tempo, per consentire alla missione di operare efficacemente. Crosetto ha chiesto anche un rafforzamento del contingente, “prevedendo la disponibilità di una riserva operativa schierabile nel Libano del Sud con stretto preavviso, contemplando di operare anche autonomamente senza le forze armate libanesi”.

Il contingente Onu, “può essere uno degli elementi che consente che non ci sia uno scontro diretto; può essere un elemento di pacificazione, mai come oggi. Certo – ha aggiunto – con le garanzie di sicurezza per i soldati impegnati che si ottiene attraverso il dialogo costante con gli attori in causa”. Nel 2006 la missione UNIFIL contava circa 2mila uomini, è cresciuta dopo la fine della Risoluzione 1701 arrivando a oltre 12.000 truppe, con un budget annuale di centinaia di milioni di dollari.

Ma il costante riarmo di Hezbollah ha messo in evidenza tutti i rischi a cui sono sottoposti i militari della Forza di Interposizione in Libano. Hezbollah non può usare la missione Onu come uno scudo umano. E d’altra parte, se le forze di interposizione si ritirassero, Siria, Iran e company capirebbero che la loro strategia di incursioni missilistiche sarebbe finita. Teheran e il suo braccio armato libanese, forse, farebbe meglio a riflettere.