
Tagliare il cordone digitale: è davvero questa la risposta?

23 Giugno 2025
I telefonini? Croce e delizia. Il ministro Giuseppe Valditara con un’ordinanza, intende proibire dal prossimo anno scolastico l’uso dei cellulari in classe negli istituti superiori. É una estensione di un analogo provvedimento già avviato quasi un anno fa che ne impediva l’uso nelle scuole di primo grado, fino a 14 anni.
Giusto, sbagliato? È esplosa l’ennesima guerra tra apocalittici ed integrati, tra nostalgici del vecchio e rassicurante “piccolo mondo antico” e surfisti della modernità senza limiti.
Come sempre, in un Paese sempre più polarizzato, lo scontro è divenuto ideologico. E tale deriva finisce inevitabilmente con l’inquinare il confronto su una tematica che ha tante sfaccettature del pianeta-giovani. Che spesso agli occhi della società degli adulti appare inesplorato, semi-sconosciuto, ricco di incognite.
Su queste tematiche due serie tv (Adolescence e Resevatet-La riserva) hanno suscitato un acceso dibattito. Entrambe descrivono società nord-europee, austere, plumbee, fortemente classiste, in cui giovani di famiglie-bene manifestano aspetti inquietanti, sconosciuti ai loro genitori, prigionieri del proprio cellulare inteso come feticcio, come protesi di se stessi. Incapaci di fare i conti con le inevitabili sconfitte della vita (che sfocia nel crimine, nelle degenerazioni del sesso on line), plasmati da un mondo virtuale che ha preso il posto di quello reale.
Che fare? Esistono gli strumenti per creare gli anticorpi per difendere i giovani da una “vita senza vita”, oppure la decisione di tagliare quella sorte di neo cordone ombelicale rappresenta un passo del gambero?
L’ordinanza ministeriale meriterebbe un approfondimento, una riflessione di un team di esperti multidisciplinari poiché le ricadute attengono alla sfera cognitiva, percettiva, emozionale, didattica. La logica del divieto, percepito unicamente come limitazione della Libertà, rischia di produrre l’effetto opposto: il rigetto e la ribellione.
Il cellulare a scuola, usato con attenzione e ragionevolezza (il che presuppone un corpo docente motivato economicamente, preparato ad impattare gli effetti della società digitale e dell’intelligenza artificiale) potrebbe rappresentate uno strumento di crescita. Accontentarsi della banale rappresentazione del “web che rimbambisce” significa buttare il pallone in tribuna.
Pur essendo gli adulti grandi consumatori del web, inconsciamente quel mondo turba, crea allarme, inquietudine, poiché è quello un mondo dematerializzato, incontrollabile. E, come scriveva un grande sociologo Elias Canetti in “Masse e Potere”, “nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto”.
Siamo tutti (giovani e meno giovani) figli del nostro tempo. È l’intera esistenza ad essere ormai “online”. Pensare di costruire oasi impenetrabili, è come andare in autostrada contromano e pensare che tutti gli altri siano impazziti.
È il mondo che cambia, bellezza. E non sarà un’ordinanza ad invertire il corso del tempo.