Vince Greta, più ombre che luci nello stop alle auto a benzina e diesel
16 Febbraio 2023
L’Unione europea fa un altro passo verso lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035. Il Parlamento di Strasburgo ha votato la messa al bando definitiva della vendita di veicoli a motore termico. L’obiettivo resta quello delle zero emissioni entro il 2050. La Ue lascia comunque aperta una porta a ripensamenti, con la possibilità di cambiare passo entro il 2026.
Una decisione, quella presa dalla Ue, che impatta sui Paesi europei, in particolare quelli meno preparati a un cambiamento così radicale. La scelta di puntare tutto sull’elettrico infatti, entro il 2035, rischia di mettere in crisi molte imprese. La decisione della Unione Europea rientra nel più ampio pacchetto legislativo sul clima e l’energia “Fit for 55”. Il pacchetto include misure per ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
La nuova legislazione europea richiede agli Stati membri di installare stazioni di ricarica per i veicoli elettrici a intervalli regolari lungo le principali autostrade. La strada presa dalla Ue viene elogiata dai gruppi ambientalisti. Gli ambientalisti la considerano un passo significativo verso la riduzione delle emissioni di carbonio e nella lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, l’impatto di scelte del genere sulla industria automobilistica e sulla occupazione vanno considerati con attenzione.
La decisione di mantenere ancora aperti i negoziati sulla legislazione, lasciando aperta la porticina del 2026, indica che la stessa Ue non è totalmente sicura della direzione che ha imboccato. Ci sono rischi potenziali di vario tipo nello stop alle auto a benzina e diesel. Come abbiamo detto, un passaggio radicale ai veicoli elettrici potrebbe avere un impatto significativo sull’industria automobilistica tradizionale e sulle catene di approvvigionamento.
La perdita di posti di lavoro e la diminuzione della domanda di benzina e gasolio sarebbero altre conseguenze dirette della transizione. I governi europei, le aziende leader del settore, il sistema economico e politico dovranno quindi lavorare insieme per gestire la transizione e ridurne al minimo l’impatto economico. Bisogna anche pensare che servirà un forte cambiamento nel sistema infrastrutturale necessario per l’adozione diffusa dei veicoli elettrici.
A cominciare dalle stazioni di ricarica. Poi gli impianti di produzione di batterie e le fonti di energia rinnovabile. Tutto questo richiederà investimenti e una pianificazione complessa e dall’impatto significativo. Aggiungiamo che i veicoli elettrici sono ancora più costosi delle auto tradizionali. I consumatori, dunque, potrebbero essere riluttanti a cambiare. L’autonomia dei veicoli elettrici, i loro tempi di ricarica, la disponibilità delle stazioni di ricarica possono aumentare queste preoccupazioni e rappresentano ancora una sfida dal punto di vista tecnologico.
Infine, il passaggio veicoli elettrici potrebbe anche avere conseguenze ambientali indesiderate. Per esempio un aumento della domanda di metalli rari, necessari per le batterie. Questo potrebbe determinare danni ambientali e problemi sociali legati all’estrazione e alla produzione delle terre rare. Insomma, tutti sappiamo che il passaggio ai veicoli elettrici sarà un passo necessario verso la riduzione delle emissioni di carbonio e la lotta al cambiamento climatico.
Ma l’impressione, ancora una volta, è che la transizione dovrebbe avvenire in modo più dolce, con tempi più lunghi di quelli immaginati dalla Unione europea. Serve una attenta pianificazione, servono investimenti e cooperazione da parte di governi, dalle aziende leader del settore e dai consumatori per gestire i potenziali rischi della transizione.
“Come parlamentare europeo ho votato contro la prima volta. Dobbiamo difendere la nostra industria automobilistica, rischiamo di perdere 70 mila posti di lavoro”, ha avvertito il ministro degli esteri italiano, Tajani. “Grande spazio al motore elettrico ma dobbiamo lasciare uno spazio anche ai motori non elettrici per permettere all’industria di adeguarsi. A volte le scelte della Commissione Ue, legate a una filosofia ‘alla Greta Thunberg’, portano a un danno sociale. Bene la lotta al cambiamento climatico ma bisogna aiutare anche l’economia reale”, ha spiegato il ministro.
“L’Italia è in ritardo” sulla transizione nel comparto auto e dobbiamo “accelerare sguli investimenti”, ha aggiunto il ministro Urso. I “tempi e modi che l’Europa ci impone non coincidono con la realtà europea e soprattutto italiana”. “Non possiamo affrontare la realtà con una visione ideologica e faziosa che sembra emergere dalle istituzioni europee”.