
Zelensky al Congresso Usa e l’Occidente torna protagonista

22 Dicembre 2022
Volodymyr Zelensky è in fondo nella grande sala che sta per accoglierlo. Si fatica ad intravederlo. Sembra perdersi tra le ali di decine di persone che lo circondano. Si ferma. Guarda in alto. Torna con gli occhi verso il centro di quello spazio occupato da tante persone. Una specie di semicerchio che si protrae verso l’alto. In pochi cerchi. Poi una voce pronuncia il suo nome. Un nome e un cognome ripetuto innumerevoli volte nei telegiornali e nei notiziari di tutto il mondo.
La speaker della Camera con enfasi lo presenta. Se mai ce ne fosse bisogno. Il presidente dell’Ucraina inizia a camminare verso il centro del Congresso degli Stati Uniti. Il cuore della democrazia americana. Applausi dei senatori in piedi, uomini e donne, rappresentanti dei 50 stati da cui è composta l’Unione che lo salutano. Un tributo di accoglienza e riconoscenza verso quell’uomo che adesso si presenta visibilmente commosso verso chi lo ha sostenuto e continua a sostenerlo nella sua lotta fino ad oggi lunga 300 giorni contro l’invasore.
Arriva nel posto prefissato dove parlerà . Alle sue spalle la speaker della camera Nancy Pelosi e la vicepresidente Kamala Harris. Le due donne sono in piedi mentre applaudono per minuti e minuti così come tutti i membri del Congresso. Incessantemente. Uno scrosciante lungo interminabile applauso. Una standing ovation che appare infinita. Un tributo che poche volte si ricorda nella storia degli Stati Uniti. Zelensky attende. E’ abituato a parlare, a difendere il suo popolo, ma stavolta si percepisce che sta accadendo qualcosa di importante.
Davanti al presidente ucraino c’è il Congresso del più forte stato del mondo. I suoi valori. Un grande, il più importante alleato che poteva immaginare di avere nella sua lotta. E’ vestito come sempre con semplici abiti militari. A ricordare, a testimoniare se mai ce ne fosse bisogno che lui il suo popolo non l’ha voluto abbandonare quando l’aggressione di Mosca sembrava travolgere tutto e tutti, insieme alla aspirazioni di libertà e democrazia. Era rimasto nella capitale, a Kiev, non voleva fuggire. come qualcuno gli aveva proposto. Era rimasto alla guida degli ucraini.
Sempre in divisa militare a ricordare che il suo popolo era diventato un esercito capace di resistere. Di lottare strenuamente. E adesso nella sua prima visita all’estero da quando è iniziata la guerra porta con sé una bandiera ucraina con sopra le firme dei militari che sono in prima linea. Una bandiera, un simbolo, che dona al Congresso americano, che lascia nelle mani della speaker della camera che si protende verso di lui e prende la bandiera. A dimostrazione che il presidente in divisa militare fa parte di quel popolo. Una bandiera firmata dalle sue truppe.
Zelensky era già stato in visita a Washington prima dell’inizio della guerra. Aveva incontrato il presidente americano Biden. In abiti civili, convenzionali, giacca e cravatta. Aveva stretto la mano del leader Usa. L’inizio delle ostilità erano lontane. Il conflitto appariva una remota possibilità . Quasi nessuno credeva alle minacce russe di invadere l’Ucraina. La situazione è radicalmente mutata. Oggi Zelensky è in divisa militare a ricordare che la guerra è iniziata da oltre 300 giorni.
Gli Ucraini non solo stanno resistendo anche grazie all’aiuto militare dei Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, ma hanno riconquistato buona parte dei territori invasi in un primo momento dai russi. Dopo lunghi minuti gli applausi lentamente si fermano. Si attendono le parole del presidente Ucraino. “Voglio ringraziare in primo luogo il popolo americano”. La sua prima frase. Poi, inizia il vero atteso intervento. Sa che quello che dirà sarà fondamentale per la libertà del suo popolo.
“I vostri tanto importanti aiuti non sono beneficenza ma un investimento nella sicurezza globale e nella democrazia”. I membri del congresso sono attenti a soppesare le sue parole. Non è solo retorica ma concretezza per decidere come aiutare l’Ucraina nella sua lotta. In ballo ci sono decine di miliardi in aiuti militari e non solo. Oltre 37 miliardi secondo alcune fonti. Una buona fetta di risorse che gli Usa spendono per la propria sicurezza e difesa militare.
Soprattutto, l’invio da parte degli Usa di missili Patriot. Un missile terra-aria capace non solo di neutralizzare la superiorità aerea da parte di Mosca ma anche di mettere fuori gioco apparecchiature elettroniche. In sostanza di rendere inutili quelle armi che stanno distruggendo le infrastrutture militari e civili Ucraine. Zelensky poche ore prima ne aveva parlato col presidente Baden attendendo assicurazioni in tal senso.
“La guerra non è finita. Il prossimo anno sarà un anno critico, decisivo”. Dice, continua Zelensky. Ancora aiuti. L’Ucraina ha ricevuto dagli Usa già 68 miliardi di dollari. Il messaggio è chiaro: l’Occidente non abbandonerà il proprio alleato. Usa in testa. Inoltre quel Paese distrutto dalla guerra va ricostruito. Mancano l’acqua, l’elettricità , il riscaldamento in molte parti del paese. I russi hanno colpito duro e continuano nonostante le sconfitte a farlo. C’è bisogno di ulteriori stanziamenti e aiuti. Quel Congresso fatto di repubblicani e democratici e lì a testimoniarlo anche se tra qualche giorno sarà rinnovato dopo le recenti elezioni in america.
Arrivano le ultime parole di Zelensky: “L’Ucraina è viva e combatte, non si arrenderà mai”. Come un nastro che si riavvolge la mente torna ad un altro capo di Stato. Sono passati 81 anni. L’allora Winston Churchill, primo ministro inglese, volò in un viaggio più che rischioso verso l’America per chiedere aiuto, come diceva lui, al nuovo mondo. I giapponesi avevano appena sferrato il colpo, che credevano decisivo, contro gli Stati Uniti a Pearl Harbor.
Quel rappresentante del Regno Unito parlò al congresso americano chiedendo aiuto e sostegno. Lo fece anche lui, allora, nel nome della democrazia. La Seconda guerra mondiale era lì a ricordare la minaccia contro le democrazie occidentali e la libertà dei popoli. Adesso il presidente Ucraino torna a parlare a Capitol Hill. Le immagini, le parole, gli applausi, quella bandiera lacerata fanno il giro del mondo, così come i valori che tutto questo rappresenta. E come è già accaduto nella Storia, l’occidente torna ad essere un fiume in piena.