100 anni fa nasceva Giovanni Paolo II

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100 anni fa nasceva Giovanni Paolo II

100 anni fa nasceva Giovanni Paolo II

18 Maggio 2020

Cento anni fa nasceva Karol Wojtyla, l’uomo salito al soglio pontificio con il nome di Giovanni Paolo II – dopo l’inattesa e prematura morte di Giovanni Paolo I – il primo Papa non italiano dopo 500 anni, ma soprattutto un Papa giovane, che arrivava alla cattedra di San Pietro dopo una vita intensa, in cui affrontò prima il nazismo e poi il comunismo: il primo grande nemico della sua vita, vissuta come uomo di Dio e come Polacco. Figlio di quella patria, oltraggiata per secoli e a cui Frederich Chopin seppe dar voce in quel grido di dolore e di orgoglio che è “la caduta di Varsavia”. Giovanni Paolo II ereditò una Chiesa dilaniata, ferita dopo un Concilio Vaticano II che aveva aperto crepe profonde e faticava a ritrovare un’anima propria ed un rilancio convinto verso le sfide di fine secolo.

Non è facile racchiudere in poche parole quello che è stato il terzo pontificato più longevo della Storia di Santa Romana Chiesa, ben 27 anni, in cui si sono condensati tutti gli eventi salienti che hanno determinato alcuni dei più rilevanti cambiamenti globali.

Giovanni Paolo II fu uno dei protagonisti e degli artefici che hanno determinato il crollo dell’Unione Sovietica e della fine del comunismo reale. Ma allo stesso modo comprese con assoluta lucidità che il vero nemico della Cristianità era quello sorto nelle pieghe della secolarizzazione e dell’ateismo ideologico con il crollo del comunismo: la scristianizzazione dell’Occidente, e l’inizio di quella deriva nichilista che come un vortice sembrò inghiottire tutte le solidità del nostro mondo.

Nessun pontefice incarnò in maniera cosi drammatica la sofferenza e il calvario della Cristianità nel secolo della postmodernità. Seppe con la lucidità di chi vive il cristianesimo nella sua purezza, che la difesa della tradizione era la base sui cui salvare la società dalla sua crisi profonda. Lottò come un titano

contro i segni della secolarizzazione che avanzava, e le nuove ideologie che si facevano strada come il politically correct e le minacce ai valori fondamentali, prima su tutte la famiglia. Le ferite della Cristianità le portò sul corpo, e visse la passione dell’uomo nel segno tracciato da Cristo. Fu forse il Papa simbolo di una Chiesa di massa, fatta di folle oceaniche e di giovani appassionati, che non si rinchiudeva, ma che si apriva, non perdendo il senso di sé, ma orgogliosa della sua tradizione, che si mostrava per ciò che essa è, la voce di Dio sulla terra.

Nessuno dimenticherà mai gli ultimi giorni, di quel papa debilitato da una lunga malattia, che viveva la passione stretto alla Croce di Cristo, l’unica vera ancora, l’unica solidità, la sola certezza.

Quell’immagine rimarrà viva nella memoria di tutti, e rappresenta forse più di ogni altra la Chiesa di oggi, o meglio ciò che la Chiesa di oggi dovrebbe fare, aggrapparsi alla croce. Fu un Papa che difese la tradizione nel suo senso più alto, ma non fu un “rigorista della morale”, come ha ricordato il Papa emerito Benedetto XVI – che gli fu a fianco per tutti i 27 anni di pontificato – in una lettera al Cardinale Stanislaw Dziwisz, in cui ha ricordato come Giovanni Paolo II fu esempio di misericordia ed un annunciatore con gioia del Vangelo, come i 104 viaggi Pastorali hanno ampiamente dimostrato, insieme alle 14 encicliche in cui presentò “in modo nuovo la fede della Chiesa e il suo insegnamento umano”.

In attesa che si decida sull’attribuzione dell’appellativo di “Magno”, alla cristianità serve tenere viva la memoria di un grande Papa che non si arrese davanti alle difficoltà, guidato dalla fede in Cristo e in quelle dolci e materne mani della Vergine Maria, a cui Giovanni Paolo II affidò il suo pontificato e il mondo, incidendo quella M simbolo di bontà nel suo stemma.