140 anni di Banche Popolari, un modello di cooperazione per l’Italia
24 Febbraio 2016
“Stringere i diversi sodalizi di credito popolare in un consorzio, il quale miri al loro reciproco perfezionamento e vegli alla tutela dei comuni interessi”. Con queste parole, Luigi Luzzatti, insieme a sette presidenti di altrettante banche popolari italiane – Vacchelli, Ginoulhiac, Barbieri, Beonio, Pedroni, Sandonini e Trieste – firma la circolare con la quale, a Milano, il 10 agosto 1876, nasce la prima associazione nazionale italiana di imprese. Le imprese sono ventidue e, fatto straordinario per l’epoca, sono banche. Sono quelle banche che, sottoscrivendo la circolare, aderiscono, da subito, all’Associazione fra le Banche Popolari e che già ad aprile, avevano dato vita al comitato promotore guidato proprio da Luigi Luzzatti, presidente onorario in numerosi istituti, ma prima di tutto statista, giurista ed economista protagonista dell’Italia post-risorgimentale che è unanimemente considerato il vero e principale artefice della nascita dell’Associazione, la sua anima, il suo cervello. Interessante ricordare anche i nomi delle ventidue banche fondatrici: le Banche Popolari di Arona, Bergamo, Bologna, Brescia, Cesena, Faenza, Intra, Lodi, Milano, Modena, Motta di Livenza, Oderzo, Padova, Palazzolo sull’Oglio, Piacenza, Pieve di Soligo, Reggio Emilia, Soncino, Venezia e Verona e poi la Società di Mutuo Credito Popolare Cremona e la Banca Commerciale ed Industriale di Savignano.
Le prime Banche Popolari si erano costituite fin dal 1864 nel nord d’Italia, la zona più ricca e sviluppata del Paese. Ebbero una rapida diffusione arrivando a superare il numero di 100 nel 1872 e di 200 nel 1882, per diffondersi, successivamente, anche in altre regioni del Paese, fino ad essere, all’inizio del Novecento, quasi 700. Banche cooperative di piccole dimensioni, rivolte ai bisogni del commercio e dell’industria di piccole e medie dimensioni, ma anche delle famiglie e guidate dai principi di cooperazione, localismo, solidarietà e sussidiarietà, si trovano a dover supplire, di fatto, alle gravi carenze del sistema bancario del Paese e, diventano, in pochi anni, banche di dimensioni medie e, in alcuni casi, decisamente ragguardevoli.
Il movimento cooperativo italiano si era trovato a dover supplire all’assenza di altre istituzioni – cosa che non era accaduta in Germania o in Belgio, dove la cooperazione di credito operava in un contesto bancario ben più articolato – e, anche per questo, si era strutturato con una notevole diversificazione al proprio interno assumendo una dimensione di capitale e un volume di affari notevolmente superiore ai limiti del mutualismo riservato agli artigiani e ai piccoli imprenditori. Assenza di un vero e proprio sistema bancario strutturato e accresciute e diversificate dimensioni qualitative e quantitative, avevano fatto sentire forte alle banche popolari – che fino alla nascita dell’Associazione erano sorte e si erano mosse in maniera autonoma, anche se non erano mancati scambi di esperienze soprattutto fra aree contigue – l’esigenza di un luogo di aggregazione e di confronto che si realizzò proprio grazie alla nascita dell’Associazione. Gli amministratori delle Banche Popolari si erano, già cimentati in battaglie pubbliche molto importanti quali quella per il riconoscimento di una specificità giuridica ai propri istituti (che invece erano assimilati, in base all’allora vigente codice di commercio, alle banche di credito ordinario) e quella per la concessione della facoltà di emissione cartacea. Questi due terreni di confronto avevano contribuito a rinsaldare i legami fra le banche e avevano posto il problema di coordinare le richieste che queste dovevano rivolgere al mondo politico ed istituzionale. Rimaneva, infatti, aperto il problema ben più complesso della riforma del codice di commercio e, in esso, della formulazione giuridica dello status delle società cooperative. Ecco, dunque, l’Associazione e il suo Statuto che rende evidente la sua ragion d’essere fin d’articolo 1: «raccogliere e pubblicare dati statistici diretti a far meglio note tali istituzioni fra loro e al pubblico… aiutare e promuovere moralmente le fondazioni di nuovi istituti di credito popolare autonomi mutui nelle varie parti d’Italia, tutelare e difendere i legittimi interessi del credito popolare…esaminare e discutere le questioni economiche amministrative e legislative riguardanti l’ordinamento del credito popolare».
Assopopolari, a 140 anni dalla fondazione, ed in piena continuità con i valori e al vocazione originaria, continua nella sua mission di valorizzazione del Credito Popolare, tutelandone l’immagine e rafforzando i legami tra le banche aderenti. La sua è principalmente un’attività di supporto ed analisi in materia economico-finanziaria, giuridica, tributaria, sociale e tecnica, inerente l’ordinamento e l’esercizio dell’attività bancaria popolare. Nell’ultimo ventennio, si sono prodotti, da un lato, un’intensa crescita dimensionale dell’intero sistema che ha reso necessario l’adeguamento delle strutture organizzative, e dall’altro una drammatica crisi economica mondiale non ancora del tutto superata. Questi due elementi hanno reso ancora più necessaria una presenza forte ed organizzata nel mondo politico e, soprattutto istituzionale, con lo scopo di elaborare e sollecitare provvedimenti utili allo sviluppo e alla tutela del Credito Popolare e favorire, attraverso studi, pubblicazioni, iniziative pubbliche la conoscenza delle Banche Popolari. Sono state queste attività che hanno contribuito, lungo tutti questi anni, ad una presenza fruttuosa sul territorio resa evidente da una serie di dati. L’Associazione rappresenta, oggi, 63 banche popolari associate, 52 società finanziarie controllate e 150 corrispondenti; 8.823 sportelli, 1.380.000 soci, 12.400.000 clienti e 80.700 dipendenti con 450 miliardi di euro di attivo per quote di mercato pari al 26% attraverso sportelli che rappresentano circa il 30% dell’intero sistema bancario. Nel 2015, 29 miliardi di euro sono stati utilizzati per nuovi finanziamenti alle Piccole e Medie Imprese e 12 miliardi alle famiglie, con un incremento, in questo caso, del 53% rispetto all’anno precedente.
Questi dati si inseriscono nel più ampio contesto della Cooperazione Bancaria Internazionale che è una realtà vitale ed in continua espansione. Nel mondo sono attivi oltre 200 mila istituti, con 435 milioni di soci, 700 milioni di clienti, 9.000 miliardi di euro di raccolta e 7.000 di impieghi. Se la diffusione e la concentrazione della cooperazione bancaria è, per storia, ben radicata in Nord America (attraverso le storiche Credit Unions statunitensi e le Caisse Desjardins canadesi) e in Europa (il movimento, nasce e si radica appunto fin dalla seconda metà dell’Ottocento, in Germania, Olanda e Italia), essa è in forte espansione in Africa e in Sud America (il gruppo brasiliano Confebras, la confederazione brasiliana, ha stabilito con Assopopolari, un profondo e radicato rapporto di partnership e di collaborazione). Particolarmente delicata è la situazione dell’Europa dove, al di là della dimensione e della storia del sistema di credito cooperativo, le novità derivanti dall’unificazione dei diversi sistemi creditizi nazionali rappresenterebbero un’opportunità per contribuire a rilanciare l’economia dell’area semplificando tutta una serie di operazioni e di procedure ed ampliamento i servizi a disposizione della clientela e dell’economia reale.
In conclusione, nel mondo globalizzato del nuovo millennio, ci sarà lo spazio e l’esigenza di un modello nato più di centocinquant’anni fa e basato su banche legate al territorio, a comunità locali, piccole, medie o grandi che siano come anche la crisi economico-finanziaria ha dimostrato. Sta tornando centrale, in Europa e nel mondo, il modello cooperativo e la sua applicazione in nuovi ambiti di attività come modello alla base dell’economia della collaborazione, un’economia dei beni comuni che presuppone l’interazione tra tutti i soggetti economici secondo meccanismi di cooperazione, solidarietà ed efficienza. La massimizzazione del profitto sarà sempre più temperata all’interno di un contesto che pone l’economia reale, gli interessi dei clienti e la reputazione della società come priorità assolute. Una vera e propria inversione di tendenza resa necessaria per uscire dalla crisi. Le Banche Popolari, e con esse l’Associazione, grazie alla propria storia, ai valori di cooperazione, localismo, solidarietà e sussidiarietà che le hanno generate ed animate, possono affrontare con fiducia le nuove sfide del ciclo economico che si sta appena profilando. Dunque, 140 anni sono certo tanti, ma sono appena i primi di una lunga storia, una storia ancora da scrivere.
* Segretario Generale Associazione Nazionale fra le Banche Popolari