5 Stelle e tassisti, vecchia politica e immobilismo
21 Febbraio 2017
Magari ti sei reinventato il lavoro che hai perso, ti sei scannato per pagare a peso d’oro la licenza di un taxi, la macchina nuova, i costi da ammortizzare, le maledette buche della capitale, e sei tartassato come tutti gli altri solo che, in teoria, tu sei servizio pubblico. Poi ti distrai un attimo e zacchete, il governo che non ne combina mai una giusta decide di liberalizzare tutto, e per l’ennesima volta ti dice: “Ce lo chiede l’Europa”. Così tu, tassista che devi rispettare regole, controlli e balzelli, dovrai presto competere con i colossi della net economy stile Uber, che le vecchie regole se le mangiano per colazione.
Tutto questo per dire che i tassisti, e anche gli ambulanti, che ieri hanno occupato città, bloccato il traffico, fatto danni, preso e dato botte, inscenato una gazzarra da hooligans scatenati, nonostante tutto qualche ragione ce l’hanno. Non ci mettiamo a fare prediche contro la violenza, perché la violenza ci fa orrore in tutte le sue manifestazioni, e va da sé che scene come quelle che si sono viste nel centro storico di Roma non si devono permettere.
Ma il tema non è solo l’ordine pubblico. Il governo sapeva bene che sarebbe scoppiata la rivolta, ma non ha fatto niente. Incapace da un lato di negoziare e dall’altro di andare fino in fondo, ha cercato la mediazione solo a posteriori, sotto la pressione della piazza. Magari, pensandoci per tempo, avrebbe potuto proporre mediazioni innovative, proponendo ai tassisti di restituire il valore della ambita licenza per resettare un sistema ingolfato e renderlo più competitivo, aprendo finalmente alla benedetta concorrenza.
Ma se l’incapacità dei governi di centrosinistra ormai è sotto gli occhi di tutti, c’è qualcosa che sorprende ancora di più, ed è l’atteggiamento del movimento 5 stelle, e quello della sindaca di Roma, Virginia Raggi, che ieri è scesa in piazza con tassisti e ambulanti twittando “sono con voi”.
E’ il mistero buffo, e sembra di ricadere in uno degli spettacoli del grande capo dei pentastellati: da una parte il totale immobilismo, come faccio sbaglio quindi resto fermo, e vai con la paralisi stile Stadio della Roma, il passo indietro sul mercato a chilometro zero del Circo Massimo, fino alle regole e le regolette in parlamento per contenere e normare fenomeni economici di piccolissima scala come l’home-cooking, un’altra variabile di quella sharing economy che nella ideologia grillina doveva segnare l’avvento della economia smaterializzata, libera e condivisa, favorita dal web, ma che, a quanto pare, è diventata il nemico pubblico number one.
Da una parte l’immobilismo, dicevamo, dall’altra uno schiacciamento inverosimile sulla vecchia politica: mettersi a inseguire qualche spicciolo di consenso, indossare come fece il vicepresidente della Camera, Di Maio, le magliette della protesta, inseguendo le minoranze rumorose ma influenti (piccoli gruppi di interessi consolidati), ovunque queste ultime si manifestino. Immobilismo e vecchia politica; non doveva essere questa la ricetta 5 Stelle. E per quanto il capocomico sul suo blog si sbracci a difendere la Raggi, “blocchiamo la legge porcata del Pd”, la base pentastellata ormai scalpita. “Non difendiamo le lobby”, scrivono i grillini alla dirigenza. Da movimento anticasta a cercatori di clientele, impauriti di prendere qualsiasi iniziativa. 5 stelle non rischia di diventare come gli altri: rischia di essere peggio degli altri.