75 mila profughi bloccati al confine: non è Orban ma la Giordania

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75 mila profughi bloccati al confine: non è Orban ma la Giordania

10 Ottobre 2016

75 mila persone sono bloccate al confine tra Siria e Giordania in una terra di nessuno dove arriva, con difficoltà, solo Medici senza frontiere, per lanciare viveri e medicine con i droni sui profughi ammassati nel deserto.

Il Regno di Giordania, infatti, dopo un attentato suicida di Isis al confine, 7 vittime tra i militari di Amman, ha sigillato le frontiere. Non entra più nessuno. Ma i profughi non possono neanche tornare indietro perché vorrebbe dire ricacciarsi nella tragedia siriana, così restano nel limbo, mentre nei campi profughi c’è il rischio di epidemie.

Dopo mesi di pressioni internazionali, il ministro giordano e portavoce del governo, Mohammed Momani, si è detto pronto ad autorizzare “le organizzazioni internazionali a portare aiuti a questi rifugiati con le stesse modalità”, già descritte prima, “droni e gru che si fermano alla frontiera, allungano le braccia, e lasciano cadere cibo e medicine”.

La Giordiania viene considerato un Paese arabo, moderato e alleato dell’Occidente. Se è comprensibile che il governo di Amman sia preoccupato dalle bande di criminali e probabilmente di jihadisti infiltrati nei campi profughi al suo confine, va detto però che la mano dura contro gli immigrati della Giordania non indigna le opinioni pubbliche occidentali come avviene, tanto per fare un esempio, con l’Ungheria, Paese europeo che la scorsa settimana ha votato un referendum per dire si o no a nuovi profughi. ù

L’Ungheria ha alzato un muro contro gli immigrati, come la Giordania. E non basta neppure la spiegazione offerta da Amman: lo scorso anno oltre 600 mila profughi si sono “accampati” in Giordania, dei milioni di persone scappate in cinque anni dalla guerra in Siria. Sempre l’Ungheria, lo scorso anno, dice di aver visto passare sul proprio territorio 450mila profughi. Eppure lo stigma europeo e internazionale contro il Governo del premier ungherese Orban non è minimamente paragonabile all’atteggiamento accondiscendente che abbiamo nei confronti del regno giordano.