
Il 2020 sia all’insegna della consapevolezza culturale nella politica

01 Gennaio 2020
Altre bottiglie sono state stappate all’inizio di un nuovo e atteso decennio, dopotutto ci si lascia alle spalle un periodo politico caotico che ha dovuto far fronte alle diverse sfide della società moderna.
Sono state numerose le tematiche toccate dai capi di Stato durante il discorso inaugurale al 2020, tra queste si è posizionata prepotentemente al primo posto la crisi dei cambiamenti climatici, ormai ritenuta sempre più la vera e propria emergenza dei governi contemporanei.
Anche Mattarella durante il tradizionale discorso di fine anno ne ha fatto ragione di riflessione, dovremmo dunque aspettarci un decennio che sarà incentrato largo modo sulla problematica e le diverse risoluzioni ad essa, per quanto il pessimismo venga spontaneo se si pensa che la soluzione possa essere data dalle tasse e dalla decrescita felice.
Eppure in un’epoca politica dove mancano sempre più riferimenti certi, risulta necessario lavorare seriamente su un’emergenza a tutti gli effetti culturale, perché l’assenza di un solido baricentro intellettuale causa inevitabilmente un impoverimento istituzionale e governativo. Vi deve essere un sostegno vero e proprio per costituire fucine di pensiero e libero confronto che facciano da cerniera tra società civile e società politica, gli intellettuali devono tornare ad essere utili al vivere comune, offrire visioni e interpretazioni.
Non riferiamoci però alla cultura fine a se stessa, quella esclusivamente utile a pompare ego e autocelebrazione, perché se questa non esce dai salotti e non trova modo di essere fertile, finisce per essere completamente inconcludente.
Purtroppo il decennio che si è concluso non è stato in grado di farsi valere in questo senso, il decadimento culturale della politica si è fatto sempre più fitto, facendo sì che non si arrestasse quel decadimento (o trasformazione) iniziato con la democratizzazione delle masse, a cui faticosamente corrispose un’alfabetizzazione di esse.
Ma la stessa cultura si è fatta ormai di massa assumendone persino i contorni, se è vero che ogni uomo rispecchia la propria epoca e così anche le sue produzioni, non dovrebbe sorprendere che si confermi la tesi con un simile depauperamento. Eppure l’intellettuale per eccellenza, così l’artista, deve farsi da pioniere di nuove visioni ed iniziative.
Deve essere una personalità solitaria, come quella dell’eroe e del Poeta parafrasando la Fallaci, perché chi fa da guida quasi necessariamente gode di una posizione differente rispetto agli altri, la massa da cui cerca di elevarsi.
La stessa politica può solo godere di un’elevazione di questo genere, perché se è vero che il politico non è necessariamente intellettuale, ma deve essere un uomo di fatti e di governo, essenziale è che il braccio non si separi dalla mente.
Il 2020 deve essere per ovvie ragioni l’inizio di una Ginestra che reagisce e si contrappone ad una politica povera di contenuti, il mondo culturale deve rialzarsi e chi ne ha potere e forza deve imporsi.
E’ essenziale che questo lavoro non avvenga però per strade difficili: l’intellettuale non ha alcun bisogno di essere incomunicabile, sarebbe completamente inutile! La vera sfida culturale di questo secolo è rendersi attraente e comunicabile a tutti, raggiungendo larghe fette della popolazione e seguendo quella millenaria tradizione che guida gli uomini al di fuori dalle buie caverne.
Solo in questo modo potremmo attenderci una società più consapevole e dei politici maggiormente sensibili ai veri contenuti sociali, giacché la cultura non finisce laddove c’è un libro o un quadro, ma si estende oltre, è qualcosa di molto più simile alla vita della politica stessa.