8/ Contro il nemico comune serve l’unità dell’Occidente

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8/ Contro il nemico comune serve l’unità dell’Occidente

13 Settembre 2007

C’è chi ritiene che la guerra contro il terrore sia una guerra dell’America. Questo mantra politico ha scarsa evidenza nella realtà e tantomeno nei testi dottrinali di Al Qaeda e di altri gruppi estremisti islamici. Il nemico, nel lessico ideologico di Al Qaeda, è il liberalismo politico ed economico, come ha dichiarato Osama Bin Laden nel suo recente video: “Come in passato vi siete liberati dalla schiavitù dei monaci, dei re e del feudalesimo, dovreste liberarvi dall’inganno, dalle catene e dal logoramento del sistema capitalista %5B…] Il sistema capitalista cerca di trasformare il mondo intero in un feudo delle grandi corporazioni all’insegna della ‘globalizzazione’ per proteggere la democrazia.”

La sfida a questa minaccia richiede un nuovo livello di cooperazione transatlantica, una volontà condivisa di affrontare gli estremisti terroristi e i loro finanziatori e di sconfiggerli in maniera sistematica. Una simile alleanza potrà mai nascere?

Il buon senso comune suggerisce che gli Stati Uniti abbiano dissipato la fiducia del mondo dall’11 settembre 2001. La premessa però è sbagliata: la simpatia non è alla base della politica estera. Al contrario gli Stati Uniti ed i loro alleati nel mondo hanno costruito una coalizione senza precedenti contro gli estremisti e i terroristi.

Questa poco apprezzata alleanza è infatti cresciuta e si è approfondita. E mentre l’Europa elegge un leader politico dopo l’altro che dimostra di comprendere la minaccia posta dall’Islam radicale ai valori centrali su cui si fondano i nostri paesi, la cooperazione tra il primo ministro del Regno Unito, Gordon Brown, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel, servono a rinforzare la capacità dell’Occidente di difendersi.

Prendiamo i recenti arresti avvenuti in Germania. La cooperazione tra i servizi di intelligence americani e tedeschi e le forze di polizia hanno permesso alle autorità di prevenire un massiccio attacco contro obiettivi tedeschi e americani. Secondo alcuni ufficiali tedeschi, i terroristi erano riusciti a reperire 680 chili di perossido d’idrogeno, quanto basta per ripetere con facilità le esplosioni che a Londra nel 2005 uccisero 52 persone e 4 terroristi.

La cooperazione transatlantica, tuttavia, è condizionata da due seri problemi politici. Il primo è la leadership pubblica. L’opinione pubblica europea ha continuato a sfoggiare un antiamericanismo alla moda sin dagli anni ’60. Questo animoso postmodernismo – oltre i poteri pubblici, oltre chiari standard di moralità, oltre la fede – ha un prezzo. Troppo spesso esso ha generato in Europa governi che non hanno la volontà di dare risposte ad un pubblico saturo di articoli di giornale, film e libri che dipingono l’America e qualunque cosa essa rappresenti come il male. Esso ha generato governi riluttanti a smentire con decisione sondaggi che suggeriscono che l’America – non l’Iran, non Al Qaeda – è il maggior male del mondo.

Capire il ruolo indispensabile dell’America nel mondo e il valore della cooperazione transatlantica è vitale per sostenere l’alleanza e per vincere i nostri nemici comuni. Questa comprensione richiede educazione, leadership e volontà di osteggiare i luoghi comuni politici prevalenti nella società europea dei salotti. Troppo spesso anche gli amici dell’America non vogliono affrontare la battaglia.

Il secondo problema sono i disinvestimenti nel settore della Difesa. Proprio mentre gli stati sociali europei lottano contro l’invecchiamento della popolazione, le basi imponibili in declino e il decrescente entusiasmo per la settimana lavorativa a cinque giorni, sorprende come gli investimenti nelle forze militari nazionali (per non parlare della Nato) siano in rapido declino. Il risultato, molto ben documentato nel libro di Robert Kagan Of Paradise and Power, è un continente che non riesce a combattere un nemico che si trova a portata di mano.

Sei anni dopo i brutali attacchi a New York e Washington, dopo gli attacchi a Madrid e Londra e dopo innumerevoli altri tentativi in tutta Europa, ci sono delle lezioni da trarre. Gli arresti continueranno e ci saranno nuovi attacchi. Al Qaeda ed i suoi affiliati trovano terreno fertile tra le grandi e insoddisfatte comunità mussulmane in Europa. Ma ciò che Bin Laden vede come nostra debolezza è la nostra forza. La nostra maggiore debolezza è non riuscire ad allearci per sconfiggere un nemico costantemente in guerra contro di noi.

E’ giunto il tempo di unirci come abbiamo fatto nella II Guerra mondiale e per uno scopo simile; non soltanto per favorire la cooperazione tra intelligence e polizia o per incontri al vertice tra politici, ma per una vera collaborazione tra popoli impegnati ancora una volta nella lotta per quegli ideali liberali ai quali abbiamo tutti sacrificato tante vittime.

Danielle Pletka è vice presidente per gli studi di politica estera e della difesa all’ American Enterprise Institute (AEI) di Washington.