9/ Sull’Islam radicale, Europa e Stati Uniti sono sempre più distanti
13 Settembre 2007
La storia è un fiume, ma ci sono giorni capaci di indirizzarne il corso. Giorni che nascono da lontano, ma che hanno in sé una forza determinante, non solo a livello simbolico. L’11 settembre 2001 è uno di quei giorni. Quell’ora in cui quattro aerei di linea si sono schiantati sul suolo americano ha ridisegnato gli scenari mondiali. Dopo la fine della Guerra Fredda il pianeta era in fermento, si stavano riassestando gli equilibri, non era forse del tutto chiaro in che direzione si stesse andando, qualcuno ha parlato di fine della storia. In realtà si chiudeva “una” storia e se ne apriva un’altra, e la chiave di accesso a un nuovo mondo era stata forgiata più o meno consapevolmente sulle aspre montagne dell’Afghanistan. Tra le molte possibilità di sviluppo aperte nel decennio degli anni Novanta, gli attentati a New York e Washington ne hanno fatta emergere una come principale, e tutti gli attori mondiali ne sono stati coinvolti. Non è solo una questione tra Stati Uniti, Medio Oriente ed estremisti islamici: è uno sviluppo che riguarda il ruolo giocato da tutti, comprese le nazioni europee, la Russia, la Cina, l’India, tutte coinvolte a vario titolo nel nuovo assetto mondiale, in cui ritrovare un ruolo. La storia è un fiume, e quindi Cina, Russia, India, Medio Oriente, Stati Uniti, Europa avrebbero comunque giocato un ruolo, trovato un loro modo di essere protagoniste. Ma l’11 settembre ha definito i canali in cui questo diventava possibile e reale.
L’11 settembre 2001 ha cambiato anche l’Europa, e le sue relazioni internazionali, in particolare quelle con gli Stati Uniti. Dopo il 1989-1991 la caduta dell’impero sovietico ha fatto venir meno il nemico comune la cui minaccia teneva uniti con gli stessi obiettivi tutti i Paesi occidentali. Già negli anni Novanta quindi è cominciata una differenziazione negli interessi e nelle conseguenti strategie dei Paesi europei sia tra loro stessi che verso gli Stati Uniti. Si