L’alleanza anti-Musharraf non funziona, il nuovo governo è già in crisi

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L’alleanza anti-Musharraf non funziona, il nuovo governo è già in crisi

15 Maggio 2008

 

E’ gia scontro politico in Pakistan tra il Pakistan People’s Party (Ppp) e il Pakistan’s Muslim League-Nawaz (Pml-N), le due principali forze della coalizione di maggioranza, a neanche sei settimane dall’insediamento del governo Gilani. Il 13 maggio, i nove ministri del Pml-N hanno rassegnato le proprie dimissioni. Il motivo che li ha spinti a compiere questo gesto è stato il mancato raggiungimento di un accordo tra Nawaz Sharif (il loro leader) e Asif Ali Zardari (vedovo di Benazir Bhutto e capo de facto del Ppp) sul tema della restaurazione dei 57 giudici della locale Corte Suprema, destituiti il 3 novembre scorso dal presidente pakistano Pervez Musharraf.

 

Il reinserimento dei giudici dell’Alta Corte pakistana è stato il cavallo di battaglia del Pml-N nelle trionfali elezioni parlamentari dello scorso febbraio e uno dei punti chiave dell’accordo di governo con il Ppp, il partito di maggioranza relativa. Il presidente pakistano rimosse l’intero collegio giudicante – accusato di interferire negli affari dell’esecutivo e di paralizzarne l’azione – pochi giorni dopo aver proclamato lo stato di emergenza. In realtà, è apparso subito chiaro che la decisione di Musharraf era legata alla sua sopravvivenza politica.

 

I giudici destituiti, guidati da Iftikhar Chaudhry, stavano per giudicare illegittima la sua rielezione (avvenuta a ottobre), perché all’epoca ricopriva ancora il duplice ruolo di presidente e capo delle forze armate in violazione della Costituzione. La prima decisione presa dal governo di Yusuf Raza Gilani è stata la cancellazione degli arresti domiciliari per i 57 giudici allontanati. A cui non è seguito, però, il loro reintegro in carica entro trenta giorni dalla formazione del nuovo esecutivo, come dichiarato da Ppp e Pml-N all’indomani della vittoria elettorale.

 

Nel tentativo di allentare la tensione e scongiurare così una probabile crisi di governo, il premier pakistano ha respinto le dimissioni dei ministri del Pml-N, comunicando agli alleati che per il momento non procederà alla nomina dei sostituti. Gilani ha richiamato poi le parti a un dialogo costruttivo per superare l’impasse. Dialogo che dovrebbe riprendere dopo il ritorno di Zardari dall’estero.

 

Gli spazi di manovra per una ricomposizione della crisi non sono però molti. Sharif giustifica la sua fermezza con il mandato ricevuto dagli elettori per riportare al loro posto i giudici rimossi. Zardari, d’altro canto, afferma di concordare con l’alleato, esprimendo solo dubbi sulle modalità con cui vuole procedere. La verità è in realtà un’altra. E’ Zardari stesso il primo a voler sabotare il processo.

 

Prima del colpo di mano di Musharraf, Chaudhry e gli altri giudici, oltre a pronunciarsi sulla sua rielezione, avrebbero dovuto prendere una decisione sulla costituzionalità di una controversa legge di amnistia per reati di corruzione, che il presidente pakistano aveva concesso lo scorso ottobre e di cui hanno beneficiato la Bhutto (al momento del suo rientro dall’esilio), Zardari e altri esponenti del Ppp. Questo atto rientrava nel quadro di un accordo tra Musharraf e la defunta leader del Ppp, in base al quale la Bhutto sarebbe divenuta primo ministro, in cambio del suo appoggio al presidente pakistano. Una ‘improbabile alleanza’ sponsorizzata dagli Stati Uniti, che aveva lo scopo di impedire l’eventuale ritorno al potere di Sharif, inviso a Washington.

 

Se Chaudhry e gli altri giudici, una volta reintegrati, si dichiarassero contro la legge di amnistia in questione, Zardari (noto per la sua fama di corrotto) rischierebbe seriamente di finire alla sbarra. Così si spiegherebbero le sue resistenze alle richieste di Sharif, il suo tentativo di mantenere in carica i giudici nominati da Musharraf a novembre (in particolare l’attuale capo della Corte Suprema, Abdul Hameed Dogar, che si è dimostrato ben disposto nei suoi confronti). Zardari avallerebbe la restaurazione dei giudici scacciati solo a patto di vincolarla a una forte riduzione dei loro poteri costituzionali.

 

Alcune fonti, invece, parlano di una trattativa segreta che Zardari starebbe conducendo con Musharraf per garantire al presidente pakistano un’uscita di scena onorevole. Zardari è ben consapevole del credito che Musharraf gode ancora tra le forze armate, l’istituzione più potente del Paese. Come sa bene che gli Stati Uniti non hanno intenzione di abbandonare del tutto un alleato fondamentale nella guerra al terrorismo islamista.

 

L’amministrazione Bush non vuole certo assistere a una destituzione traumatica di Musharraf nell’ultimo scorcio del suo secondo mandato. La speranza è di mantenerlo al potere almeno per sei-nove mesi, in modo da trovare una soluzione negoziata che non destabilizzi il Paese. La Casa Bianca non ha nascosto il proprio disappunto per la decisione dell’attuale governo pakistano di aprire un dialogo con la galassia islamista locale. In particolare, ha destato perplessità l’accordo abbozzato lo scorso mese con Baitullah Mehsud, leader del Tehrik-i-Taliban Pakistan (la milizia fondamentalista più attiva lungo il confine afghano), per porre fine alle ostilità nel Waziristan del sud.

 

Una volta di nuovo in carica, Chaudhry cercherebbe certamente di promuovere l’impeachment contro il presidente pakistano per la proclamazione dello stato di emergenza del novembre scorso (ritenuta incostituzionale) e la repressione della dissidenza politica che ne conseguì. In quel caso, Musharraf rischierebbe la prigione, e gli Usa riceverebbero un nuovo colpo alla propria immagine nella regione.

 

Mentre a Islamabad si consumano i soliti giochi di potere, i pakistani si interrogano su quello che potrebbe rivelarsi come il nuovo fallimento dei ‘governi democratici’: una storia che si ostina a ripetersi ciclicamente nello Stato fondato da Muhammad Ali Jinnah. Sharif insiste che i suoi uomini usciranno solo dal governo, mentre il Pml-N continuerà a fornire un appoggio esterno, ma in Pakistan nessuno sembra credergli. Ashtar Ausaf Alì, stretto collaboratore del leader del Pml-N, ha confidato che l’alleanza tra i due maggiori partiti della maggioranza è agli sgoccioli, al massimo potrà durare qualche mese.

 

Cominciano già a circolare voci sulle date in cui dovrebbero svolgersi le elezioni anticipate. Un disastro per la stabilità di un Paese investito da una forte crisi economica, con i prezzi dei cereali e dell’energia alle stelle, dove la gente chiede ‘pane e burro’, non beghe di palazzo.