Senza inceneritori la Campania affonda

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Senza inceneritori la Campania affonda

20 Maggio 2008

Mercoledì il consiglio dei ministri deciderà come liberare Napoli dai rifiuti. Faremo i conti con la solita demagogia ambientalista e la potente lobby delle discariche. Dagli anni Ottanta il progresso scientifico ha rivoluzionato lo smaltimento dei rifiuti. Paesi come gli Stati Uniti e la Germania hanno sostituito le tecnologie più obsolete e costose (come l’incenerimento) con il riciclaggio e la differenziata. Gli impianti più inquinanti sono stati sostituiti dai termovalorizzatori che producono energia elettrica e termica. 

In Germania le discariche di rifiuti non trattati sono proibite. L’obiettivo è riciclare il 100% dell’immondizia. I tedeschi, che sono a metà dell’opera ma non sono degli stupidi, hanno ancora una sessantina di inceneritori in funzione. In Francia sono più di cento. In Italia circa cinquanta concentrati nelle regioni settentrionali. Il passaggio da un modello di smaltimento all’altro non può avvenire di colpo, azzerando le tecnologie del passato e affidandosi unicamente al nuovo. Non è mai accaduto nella storia delle rivoluzioni industriali che un sistema abbia soppiantato l’altro in modo così precipitoso. Negli Stati Uniti il passaggio dall’incenerimento a tecniche meno invasive è durato anni. Ovviamente la tecnologia ha fatto passi da gigante e la difesa dell’ambiente oggi è una questione prioritaria ma i problemi della Campania non si risolveranno con la bacchetta magica della differenziata, almeno non nel breve periodo. A Napoli la raccolta differenziata sfiora il 10%. Anche se raddoppiasse o triplicasse che ne faremmo di tutto il resto? 

La Campania esce da quattordici anni di scellerata gestione dell’emergenza. Gli affari sporchi della Camorra, l’inadempienza degli imprenditori settentrionali e la connivenza della classe politica meridionale, hanno prodotto un sistema totalmente instabile. Da quando il governatore Andrea Losco firmò il contratto con Fibe-Impregilo, ad Acerra sarebbero potuti sorgere il quadruplo degli inceneritori previsti. Ma a crescere sono state soltanto le consulenze d’oro degli ‘esperti’. I magistrati ci hanno spiegato com’era oliato il meccanismo del perditempismo, a chi giovava la Causa ambientalista. Vedremo se qualcuno pagherà per il maltolto. Per adesso Bassolino resta in sella nonostante debba rispondere di truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato. Impregilo gironzola ancora nelle terre dove ha fatto tanti danni. I manager dell’azienda si vantano di aver realizzato gli impianti tedeschi in cui oggi vengono sversati i rifiuti campani (sborsando cifre stellari per il trasporto) eppure non sono stati capaci di costruire l’impianto di Acerra in dieci anni. Insieme a Santa Maria La Fossa, Acerra avrebbe dovuto bruciare il 35% della monnezza prodotta quotidianamente in Campania. Ci sono voluti sette anni – sette! – semplicemente per attaccare Acerra alla Rete Enel. Questo non è uno spreco è un furto. 

Il bello è che gli stessi ambientalisti che guardavano all’incenerimento come fumo negli occhi si stanno rendendo conto che, senza, la Campania rimarrà sommersa dai rifiuti. Pensiamo all’assessore all’ambiente della Regione Campania, Walter Ganapini, ex presidente di Greenpeace, che fino a qualche tempo fa si scagliava come un leone contro “l’assimilazione degli inceneritori ai termovalorizzatori”. Intervistato dal manifesto, aveva esposto una tesi molto semplice: “Basta fare quello che fanno tutti gli altri Paesi europei, riciclare il 70% dei rifiuti”. In realtà al 70% non ci arriva quasi nessuno. I più virtuosi, Austria, Germania e Paesi Bassi, oscillano intorno al 50-60%. Nel 2001 l’Austria riciclava il 60% dei rifiuti e ne inceneriva il 10%. In Germania il rapporto era 42% a 22%. In Olanda 45% a 33%. In Italia il riciclo era al 17% e l’incenerimento al 9%, mentre il 70% dei rifiuti finiva in discarica (il doppio di Austria e Germania). Dal 2001 al 2004 lo smaltimento in discarica nel Mezzogiorno è diminuito appena del 3%. 

Ci sono fior di medici e scienziati che difendono il sistema imperante. Su Internet possiamo leggere una ricerca del dottor Franco Valerio di “Medici per l’Ambiente – Genova” che dice “A partire dalla metà degli anni Novanta nel nostro Paese è in atto una sistematica campagna diffamatoria contro le discariche, ritenute cause di tutti i mali, dall’effetto serra alle ecomafie, mentre gli inceneritori sono stati ribattezzati con il più tranquillizzante termine di termovalorizzatori”. A dire il vero una differenza c’è, come abbiamo visto il termovalorizzatore produce energia e non solo cenere. Resta da capire cosa significa “campagna diffamatoria contro le discariche”. Valerio ne ha mai vista una gestita dalla Camorra? Quelle ‘spontanee’ che si formano attorno ai cassonetti napoletani? In Campania se ne contano più di mille, illegali, la maggior parte nelle cave abbandonate. Moltissime nelle campagne. Qui sono finite oltre 10.000 tonnellate di rifiuti all’anno che gli abitanti finiscono per mangiare e respirare. Continuare ad aprire buchi nella terra non serve a niente visto che ci vorranno decenni per smaltire quelli che sono già stati accumulati.      

Torniamo a Ganapini. Le sue posizioni sono cambiate da quando ha assunto la carica di assessore. “Acerra deve essere completato – ha detto – e l’inceneritore di Salerno si farà se i cittadini lo vorranno”. Probabilmente si è reso conto dei numeri. Ogni giorno in Campania vengono prodotte 7.000 tonnellate di rifiuti. Circa 700 vengono smaltite con la differenziata (Ganapini vuole arrivare a 1.400 ma appunto bisogna arrivarci e siamo lontani anni luce dall’obiettivo del 70%). Restano 5.600 tonnellate che, sottoposte al trattamento nei CDR, diventano 3.500, da smaltire negli inceneritori o nei gassificatori. Che non ci sono. La monnezza quindi finisce all’estero o nelle discariche, quando va bene, o si accumula nelle strade. In più restano decine di migliaia di tonnellate di ecoballe da smaltire. “Nessuno ha capito nulla – dice Ganapini – sono circolate cifre imprecise”. Milioni di euro non sono stati spesi e gettati via, centinaia di lavoratori sono stati pagati per incrociare le braccia, molti impianti restano fermi e semivuoti. “Se si danno letteralmente i numeri De Gennaro come può operare? Non può farlo, è chiaro”. Eppure Ganapini in passato è stato tra i superconsulenti di Bassolino. Come mai ha aperto gli occhi solo adesso? 

Il tempo stringe. Berlusconi ha detto che “lo scandalo di Napoli deve finire”. Il premier ha in mente una doppia gestione della crisi campana: da un parte far tornare a Napoli Guido Bertolaso che, insieme alla Protezione Civile, si occuperà degli aspetti tecnici e operativi della questione. Dall’altra affidare ai ministri Maroni e Prestigiacomo la soluzione politica della vicenda. Per il commissario Gianni De Gennaro si parla di una proroga dell’incarico fino alla metà di giugno. Il governo avrà tutti contro, i verdi, i sindaci-tribuni, la malavita che si è arricchita con il business della monnezza. Un giorno, forse, la Campania chiuderà tutte le sue discariche aumentando la differenziata. Un giorno ancora più lontano gli inceneritori verranno chiusi (se mai si faranno) e tutti saremo più felici. Nel frattempo serve un bagno di realismo. Una sola tonnellata di rifiuti bruciati produce una quantità di diossina equivalente a mezzo milione di tonnellate di rifiuti inceneriti. Secondo il Professor Veronesi: “Tutte le ricerche e le inchieste che abbiamo svolto direttamente non registrano nessun aumento di tumori nelle popolazioni che vivono nei pressi dei termovalorizzatori, mi riferisco naturalmente agli impianti dotati delle ultime tecnologie in materia”.   

Occorre ridimensionare il progetto di Acerra e costruire impianti più snelli e meno costosi in modo da non alimentare il ‘turismo dei rifiuti’ (attualmente i turisti siamo noi, in Germania). Il sovradimensionamento degli impianti è stata una delle cause che hanno favorito i comportamenti scorretti di Impregilo. Detto questo è ipotizzabile che gli inceneritori serviranno a smaltire soprattutto i rifiuti di Napoli e dell’hinterland favorendo l’aumento della raccolta differenziata nei comuni più piccoli della regione. L’impianto “Silla 2” costruito a Milano qualche anno fa assorbe buona parte dei rifiuti del capoluogo lombardo che pure vanta una differenziata che è il triplo di Napoli. Nella provincia meneghina il tasso di differenziata sale al 60% nei comuni con meno di 5.000 abitanti. Se è vero che le amministrazioni delle grandi città tendono a deprimere la differenziata per recuperare gli investimenti fatti negli inceneritori – e che la differenziata fa risparmiare di più rispetto all’incenerimento –, dobbiamo ricordare che in Campania si parte da zero. Le campagne in favore della prevenzione, del riciclo e del riuso, sono roba dell’altro ieri. Spesso si sono rivelate operazioni di facciata gestite con grande abilità dai politici locali per rimandare la soluzione dei problemi.   

Grillini, lillipuziani, siti come Indimedya e associazioni come Greenpeace, gridano alla cospirazione dell’inceneritore. Parlano di una “lobby chimica” che vorrebbe distruggere Napoli e l’Italia intera. Per i seguaci di Beppe Grillo siamo in “un regime totalitarista”. Ganapini sarebbe per alcuni “un uomo solo contro i sindaci inceneritoristi”, per altri un furbetto che forniva consulenze alla Hera, una delle aziende interessate a partecipare al bando per l’inceneritore di Salerno. I maligni ricordano un suo intervento alla “Conferenza sulla Ricerca del Consenso nel Conflitto Ambientale” che si svolse a San Marino nel 2000. Evidentemente secondo i grillini chi cerca il “consenso” è per forza di cose un nemico dell’ambiente. Se cerchiamo su Google qualche voce fuori dal coro, uno scienziato favorevole all’incenerimento, dobbiamo scartabellare una decina di pagine prima di trovare lo straccio di un nome, regolarmente deriso e ostracizzato. Per i grillini l’unica soluzione possibile è “la decrescita” teorizzata da Latouche. Neanche fossimo a Los Angeles o Copenaghen. 

Lo slogan “Rifiuti zero” non è un’utopia e i valori ambientalisti sono una bandiera della modernità. Se vogliamo rispettare il Protocollo di Kyoto prima o poi dovremo chiudere tutti gli inceneritori. Quindi come non essere d’accordo con Greenpeace quando dice che “ogni tonnellata di rifiuti messi in discarica o inceneriti è la misura del fallimento del sistema produttivo, equiparabile alla presenza di un difetto in un prodotto immesso nel mercato”. Peccato che a Napoli questi difetti sono diventati fallimenti macroscopici. Niente inceneritori, differenziata ai minimi termini, il trionfo assoluto delle discariche. Come si fa a credere alla storia dei “rifiuti zero”? Andrebbe riletto il romanziere americano T.C. Boyle per misurare fino a che punto arriva l’indottrinamento ambientalista ma basta farsi un giro sui motori di ricerca per capirlo. Chiunque sostenga tesi diverse dal ‘web correct’ viene definito un affossatore della civiltà. 

Gli amministratori che hanno provato a far ragionare le comunità locali sono stati contestati e minacciati. Chiedetelo a De Luca, il sindaco di Salerno. Com’è noto i grillini preferiscono un vaffanculo al dialogo e così a prevalere è il terrorismo mediatico: “Linfomi, sarcomi, neoplasie infantili, ritardi nello sviluppo cognitivo, cancro al polmone, al colon, alla mammella” ecco gli effetti dell’incenerimento (quello degli anni Trenta?). Inutile rifarsi a chi sostiene che l’incidenza di diossina prodotta da un termovalorizzatore come quello di Brescia è pari allo 0,02%. Quando l’ingegner Bonomo, uno dei responsabili dell’impianto, ha provato a spiegarlo ai salernitani, le urla e gli schiamazzi sono state così forti da spingerlo ad abbandonare il convegno. Avrebbe dovuto reagire, spiegando che la Danimarca, la tanto agognata Danimarca, di recente ha pubblicato una ricerca in cui si ripercorre la storia dell’incenerimento, i grandi passi avanti fatti per superarlo ma anche gli importanti risultati che il vecchio sistema ha avuto nella modernizzazione del Paese. Le rivoluzioni industriali non procedono a salti quantici ma in continuità, una dopo l’altra, una dentro l’altra. Per questo l’incenerimento resta una strada percorribile nel Mezzogiorno. Non l’unica ma per adesso necessaria.