Le scelte economiche del Cav. mandano in tilt il Governo ombra
22 Maggio 2008
E’ duro il mestiere dell’opposizione. Soprattutto se i primi provvedimenti economici su cui si è chiamati a confrontarsi in un’ottica necessariamente dialettica si chiamano abbattimento dell’Ici e detassazione degli straordinari dei lavoratori dipendenti.
Il governo ombra del Pd, di fronte a misure così popolari ed evidentemente gradite a un elettorato bipartisan, si interroga sul da farsi. E finisce per sentirsi stretto in una tenaglia. Il bivio che si profila all’orizzonte di Walter Veltroni è delicato e complesso.
Da una parte c’è il timore che il Pd possa essere etichettato come il partito che non vuole l’abolizione della “tassa più odiata dagli italiani”. Dall’altra c’è la necessità di non essere percepiti come una sorta di opposizione della regina, tesa soltanto al dialogo e ingenuamente destinata a cadere nella tela del ragno. Uno scenario quest’ultimo il cui esito appare chiaro a tutti con le accuse di inciucio pronte a risuonare fragorose e l’immagine-incubo del Veltrusconi agitata in ogni occasione utile. Il tutto corredato dagli affondi di Antonio Di Pietro, sempre più calato nella nuova identità di battitore libero, depositario dell’unica vera opposizione e raccoglitore di consensi anti-berlusconiani.
Come rispondere allora alle sirene del nuovo governo, ritagliarsi un ruolo credibile e farlo senza cadere nel ridicolo tran tran dei “no“ pronunciati a prescindere? Dentro il Pd la tentazione di evitare un muro contro muro e astenersi sulle prime misure economiche di Silvio Berlusconi circola con forza.
Secondo il Corriere della Sera sono soprattutto i liberal di Enrico Morando e Giorgio Tonini a perorare la causa dell’approccio soft. Così come tra alcuni ex margheritini rutelliani questa ipotesi viene percepita come tutt’altro che peregrina. La discriminante, però, è rappresentata da un gesto di buona volontà che dovrebbe arrivare dal governo, un segnale che faccia percepire il desiderio di una collaborazione reale e non trasformi l’eventuale collaborazione del Partito Democratico in un gesto del tutto gratuito.
Walter Veltroni vorrebbe poter dire la sua soprattutto sul fronte del potere d’acquisto di salari e pensioni, in modo da potersi intestare una bandiera politica. "Per il Pd l’emergenza sociale sono le famiglie che non arrivano alla fine del mese. Questo è il primo passo da fare". Questo significa che il taglio dell’Ici sarà misura condivisa dal Pd "solo se c’è copertura finanziaria" e se non penalizza altre misure sociali più urgenti come "l’aumento dei salari". Pierluigi Bersani, ministro ombra dell’economia, usa toni più muscolari e chiede all’esecutivo di fare innanzitutto una distinzione comunicativa, concedendo una sorta di onore delle armi al governo Prodi.
«Se il governo vuole il dialogo – è la premessa di Bersani – allora cominci correttamente, dicendo che non ha abolito l’Ici perchè l’altra metà era stata tolta dal governo Prodi. Mi sarei aspettato che il governo dicesse questo». In questo delicato gioco di equilibrismo, in questo controcanto con dissonanze ci pensa, però, Enrico Letta a riportare la barra verso la rotta di un’opposizione più misurata. «Il giudizio è sospeso, qualunque riduzione delle tasse sul lavoro comunque va bene e se il governo e il ministro Tremonti assumeranno impegni per ulteriori misure di alleggerimento del carico fiscale sul lavoro potremmo dare un segnale di incoraggiamento».
Il copione, insomma, è scritto ma è infarcito di “se”, di “ma” e di infiniti distinguo. E di fronte al nuovo Cavaliere dialogante il laboratorio della nuova concertazione appare tutt’altro che chiuso ma piuttosto destinato a produrre nuove alchimie bipartisan.