Aldo Moro, quei 55 giorni che cambiarono l’Italia
06 Aprile 2008
Quando Moro fu rapito facevo la Quinta elementare e, nonostante questo ne ho un ricordo piuttosto nitido, soprattutto delle emozioni che quel grande fatto politico determinò nel nostro paese.
L’episodio che più mi colpì allora, e che non raramente mi ritorna alla mente ancora oggi, è di carattere personale, ma significativo: la mattina del 16 marzo, mentre mi trovavo a scuola, improvvisamente si spalanca la porta ed una signora del personale non docente, trafelata, dice poche parole con evidente emozione: “Hanno rapito Moro”. La maestra di allora, non estranea alla Sinistra extraparlamentare, scoppia in una risata sarcastica, che lascia esterefatta la signora e anche qualche ragazzino che, pur senza afferrare tutti gli elementi della vicenda, non capisce cosa ci sia da ridere della morte di cinque uomini alle dipendenze dello Stato (che secondo Pasolini erano più proletari dei contestatori universitari).
Era l’area della “contiguità”, come si diceva allora, della condivisione politica di un progetto che intendeva attaccare il “cuore dello Stato”, era la scelta della complicità fattiva da parte di alcuni, l’ambiguit%C3