Università, slitta la riforma e non si placano le proteste
25 Novembre 2010
Ddl Gelmini, dentro e fuori dal Palazzo, dentro e fuori gli atenei. La riforma dell’Università si è fermata per un breve riposo notturno ed è ripartita di buon mattino alla Camera, dove oggi sono riprese le votazioni sugli emendamenti e il governo si è trovato di nuovo sotto il fuoco di Futuro e Libertà: un emendamento all’articolo 16, presentato dal ‘falco’ Fabio Granata, è infatti passato con 282 sì e 261 no. Maggioranza di nuovo sotto, dunque.
Ma il Guardasigilli Alfano minimizza: "E’ tutta una recita. Si trattava di un emendamento del tutto ininfluente rispetto alla legge, ma rientra in un copione che è questo: una o due volte al giorno bisogna far andare sotto il Governo per dimostrare l’indispensabilità di Fli".
Nel frattempo si sono risvegliate le proteste e i sit-in anti-Gelmini nelle città italiane. Dopo gli scontri avvenuti ieri tra studenti e forze dell’ordine nel centro di Roma, oggi le manifestazioni sono ripartite da Firenze, dove un centinaio di giovani dei collettivi di sinistra hanno presidiato il padiglione del Polo di Scienze Sociali. Nel mirino il sottosegretario Daniela Santanché invitata al dibattito su ‘Comunitari (ex)tra comunitari – Padroni a casa nostra…?’ organizzato dagli Studenti per le libertà.
Anche in altre città la protesta continua ad allargarsi a macchia d’olio. Nel corso del corteo partito a Milano gli studenti sono improvvisamente entrati nella sede dell’Agenzia delle Entrate che si trova in centro. I manifestanti sono riusciti a salire sul grande balcone soprastante l’ingresso e hanno srotolato uno striscione con la scritta "Più soldi alla scuola meno alla guerra".
A Napoli gli studenti hanno occupato la sede storica dell’ateneo "orientale" di palazzo Giusso. A Torino, dove i ricercatori sono abbarbicati da ieri sui tetti delle facoltà umanistiche, le sedi di Chimica e Fisica sono serrate. Così anche gli studenti di Cagliari, barricati a Palazzo delle Scienze. Un gruppo di ricercatori e dottorandi dell’Università di Pisa è salito sul tetto dell’ Osservatorio astronomico dell’Ateneo dove ha esposto lo striscione con la scritta "Ritiratelo. No al ddl, sì alla ricerca". E una ventina di studenti hanno occupato a Bari, alla facoltà d’Ingegneria del Politecnico.
Ma il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, che fino alla tarda serata di ieri era alle prese con una trattativa con Fli che hanno minacciato il ritorno del provvedimento in Commissione dopo che una serie di emendamenti da loro proposti avevano ricevuto un ‘no’ da parte del Pdl, oggi ha ribadito che le risorse per l’università sono state trovate e sono del tutto sufficienti. "Senza la riforma le università vanno verso la bancarotta", ha detto intervenendo a Mattino Cinque. "Nella legge di stabilità è stato stanziato un miliardo di euro che è una cifra sufficiente per far fronte non solo alle spese di funzionamento dell’università, ma anche al diritto allo studio". Per quanto riguarda la protesta, la Gelmini ritiene che "l’elemento più anomalo è la saldatura tra baroni e una parte degli studenti".
Intanto, dopo la giornata di fuoco di ieri, sembra che gli studenti – cui il leader del Pd Pierluigi Bersani ha espresso solidarietà salendo sul tetto della facoltà di Architettura di Roma – non abbiano la minima intenzione di deporre le armi. E così è anche per i ricercatori universitari, arrabbiatissimi per i tagli e per la modifica al ddl che prevede 350 ore annuali da riservare a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi orientamento e tutorato, nonché attività di verifica e apprendimento.
Ma il vicepresidente vicario dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello stigmatizza le proteste dicendo che dei tagli all’Università sono necessari e, per fortuna, sono stati fatti. "È stata fatta una riforma sul principio di avere un criterio meritocratico e reintrodurre la concorrenza sia nelle che tra le Università. Per avere la certezza – dice – che chi tira la carretta venga premiato e chi invece non va neanche a lezione sia sanzionato".
Secondo Quagliariello la credibilità dell’università italiana è stata minata nel corso dei decenni da una deriva del post-sessantotto e politiche accademiche sbagliate che hanno prodotto privilegi di casta, sperperi, soffocamento dei talenti e sacrificio delle pari opportunità sull’altare di un falso egualitarismo. "Nessuno ha mai pensato – prosegue – di possedere una bacchetta magica con la quale risolvere dall’oggi al domani problemi stratificatisi negli anni. Ma è certo che la riforma Gelmini modernizza il sistema universitario del nostro Paese introducendovi parole finora sconosciute come merito, trasparenza e concorrenza. Anche fra le file dell’opposizione vi è chi, fino a ieri, lo aveva riconosciuto". Poi Quagliariello invita rettori e dirigenti ad un atto di responsabilità: "dire se stanno dalla parte della riforma o se ritengono che l’unico problema sia strappare qualche soldo in più. Non è né serio né decoroso – conclude – un giorno stracciarsi le vesti per la condizione comatosa in cui versa la nostra università, soprattutto se paragonata con i migliori standard europei, e il giorno dopo avallare con un complice silenzio la trasversale ‘guerriglia di conservazione’ che ha la riforma Gelmini come obiettivo da abbattere".
Ad ogni modo nei prossimi giorni la brace sotto il fuoco delle proteste rimarrà incandescente, visto lo slittamento del voto finale sul provvedimento (che era atteso per oggi pomeriggio) a martedì prossimo. Intanto anche la Gelmini ha stemperato i venti di crisi soffiati a causa dell’emendamento dei futuristi, dicendo però che nel caso in cui il testo dovesse essere stravolto a suon di emendamenti si vedrebbe costretta a ritirarlo. Dunque, la guerra continua, e la prossima battaglia ci sarà la settimana prossima a Montecitorio.