I copti vanno protetti non solo in Egitto ma anche in Europa
04 Gennaio 2011
"La polizia ci ha messi in guardia più volte dicendoci che gli estremisti islamici potrebbero cercare di irrompere durante le celebrazioni del nostro Natale". Queste le affermazioni del vescovo della Chiesa copta in Germania, Anba Damian, raccolte dal settimanale tedesco Bild. Questo significa che i cristiani, in generale, e i copti, in particolare, sono in pericolo anche in Europa, ovvero in territorio cristiano? E’ possibile? Oppure si tratta di un allarme ingiustificato e dettato dalla paura? Vorrei tanto rispondere affermativamente a quest’ultima domanda, ma purtroppo l’analisi di alcuni documenti e alcune dichiarazioni mi porta ad essere molto cauta e dettagliata nella risposta.
Se ci limitassimo ad analizzare le dichiarazioni e i comunicati degli esponenti dell’islam, ideologicamente collegato ai Fratelli musulmani, in Europa emessi negli ultimi giorni, ovvero nei giorni immediatamente successivi all’atroce attentato di Alessandria, potremmo – ma solo inizialmente – trarre un sospiro di sollievo. Iniziamo dai vertici dell’estremismo islamico in Europa, ovvero da Yusuf Qaradawi, Presidente del Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca con sede a Dublino e teologo di riferimento a livello mondiale dei Fratelli musulmani. In un comunicato emesso oggi dall’Unione mondiale degli ulema musulmani da lui presieduta ha dichiarato che “l’Unione condanna duramente questo assassinio abominevole a prescindere dalla modalità con cui è stato perpetrato, un abominevole crimine non può trovare alcuna giustificazione nelle leggi islamiche il cui Libro eterno si fonda sul riconoscimento perentorio e deciso del pluralismo religioso e sulla considerazione della fede personale come fondamento del credo, rifiutando ogni sorta di costrizione, come dice il Corano “Nessuna costrizione nella fede” (II, 255)” e che “come ha dimostrato l’esperienza di convivenza tra i musulmani e gli appartenenti delle altre religioni lungo tutta la storia dell’islam, esente da ogni guerra di religione e settaria, in particolare con i connazionali cristiani “In verità troverai che i più prossimi all’amore per i credenti sono coloro che dicono: ‘In verità siamo cristiani’ (V, 81) il che conferma in particolare il diritto dei copti d’Egitto alla tutela per misericordia nei loro confronti dell’eccelso Inviato – su di lui la pace – e il suo invito a prendersi cura di loro.”
Sarebbe confortante potere credere a queste parole. Ma è sufficiente leggere alcune affermazioni contenute ne Il lecito e l’illecito nell’islam (al-halal wa-al-haram fi –al-islam) del libro di Qaradawi più diffuso, soprattutto tra i musulmani e i convertiti in Europa, per sospettare della sincerità del comunicato appena citato. Ebbene nel capitolo 5 intitolato “I rapporti del musulmano con il non musulmano” si legge: “[…] Il primo di questi due versetti non incita soltanto ad essere giusti ed equi con i non musulmani che non combattono i musulmani e non li cacciano dalle loro case (cioè che non sono né in guerra né in odio con i musulmani), ma richiama ad essere buoni e generosi con loro.” Sin da questa prima citazione non è difficile dedurre che qualora i cristiani, in generale, i copti, in particolare, venissero tacciati di essere ostili ai musulmani ogni reazione sarebbe lecita. Il che significa che qualora accusati di “islamofobia”, termine tanto caro ai seguaci di Qaradawi, non sarebbero più da ritenersi degni di rispetto.
Nello stesso capitolo si trova altresì un paragrafo in cui si tratta nello specifico dei cristiani che vivono in terre d’islam, ed è questo il caso dei cristiani in Egitto: “Le raccomandazioni di cui sopra riguardano tutta la gente del Libro, poco importa dove si trovino. Ciononostante quelli che tra loro vivono all’ombra di uno Stato islamico hanno una situazione particolare. I musulmani hanno convenuto di chiamarli gente della “dhimma”. Questa parola vuol dire trattato, patto. […] Nella terminologia moderna sono dei “connazionali” nella nazione islamica.” I copti si trovano a vivere non solo in uno Stato a maggioranza islamica, dove rappresentano circa il 10% della popolazione, ma soprattutto in uno Stato in cui l’articolo 2 della costituzione sancisce che la sharia è la fonte principale della legge. Quindi si trovano precisamente nella condizione descritta da Qaradawi ovvero sono “connazionali”, ed è questo il termine usato nel comunicato odierno, protetti dall’islam. Vale la pena ricordare che anche in questo caso la “protezione” resta in vita dietro pagamento di una tassa e a seguito di un atteggiamento di sottomissione. Nel Corano si legge: “Combatti coloro che non credono in Dio né nel Giorno del Giudizio, né ritengono vietato ciò che è stato proibito da Dio e dal suo Messaggero, né riconoscono la religione della Verità, anche se sono della Gente del Libro, finché non paghino la jizya accettando di sottomettersi, e si sentono sottomessi.” (IX, 29)
Risulta evidente che il comunicato del teologo dei Fratelli musulmani è molto simile a quelli da lui emanati a condanna del terrorismo che brillantemente e sapientemente enunciati evitano di dire che per lui un conto è il terrorismo, che è da esecrare, un conto è la resistenza, che è lecita. Quindi condanna il terrorismo jihadista di Al Qaeda, ma osanna gli attentati suicidi in Israele o Iraq. Alla stessa categoria di comunicati è quello emesso il 2 gennaio scorso dal direttivo dell’italiana UCOII, dove si legge lo stesso rammarico e la stessa voglia di sottolineare la sacralità della vita:
“Mentre testimoniamo alle famiglie delle vittime e all’intero amato popolo egiziano tutto il nostro cordoglio e il senso del nostro sdegno, affermiamo che nessuna fede, credenza o ideologia potrà mai essere invocata per giustificare o anche solo spiegare le motivazioni aberranti che hanno condotto ad un atto tanto efferato che in tutta evidenza è stato programmato e perpetrato per minare la plurisecolare convivenza tra musulmani e cristiani, componenti storiche di quel Paese. La sacralità della vita, il rispetto dei non belligeranti, dei religiosi e dei luoghi di culto sono state sempre componenti essenziali e riconosciute del diritto islamico quand’anche ci si trovasse in stato di guerra, che Iddio ce ne preservi sempre. E’ pertanto inspiegabile in base alla nostra dottrina e tradizione che azioni di questo genere possano essere messe in atto in condizioni di pace come quelle che reggono le relazioni tra le due grandi famiglie religiose dell’Egitto. Siamo certi che mandanti ed esecutori vadano ricercati al di fuori dei confini di quel Paese, tra chi ha interesse alla sua destabilizzazione, attuando una strategia della tensione che implementi un aberrante ciclo di vendette che getterebbe il Paese in uno stato di guerra civile. In questa ottica, invitiamo tutti gli egiziani, cristiani e musulmani a testimoniare l’alto senso della civiltà della tolleranza e dell’accettazione dell’altro che ha permesso la convivenza tra loro da quasi 14 secoli. Al contempo invitiamo tutta la rete di moschee che fa riferimento alla nostra Unione a pregare per le vittime e affinché quella criminale provocazione fallisca. Vadano i nostri fratelli a presentare le loro condoglianze ai cristiani d’Egitto dimostrando il senso della nostra vicinanza umana”.
Anche in questo caso si sottolinea che in Egitto ci si trova in una condizione di pace, che i cristiani copti non sono belligeranti quindi non sono certo degni di un attacco da parte musulmana. Sembra di leggere la teoria classica del jihad! Ma soprattutto anche in questo caso è sufficiente leggere qualche commento ai versetti coranici che riguardano i cristiani della traduzione italiana con la “revisione e controllo dottrinale” dell’UCOII per capire che si trattano di parole di convenienza che non corrispondono alla realtà dei fatti. Ad esempio a commento del versetto 62 della sura II si legge: “Non si potrà utilizzare questo versetto per rivendicare una sorta di atteggiamento di tipo irenistico o, peggio ancora, sincretista, da parte della dottrina islamica”; oppure al versetto 121 della stessa sura: “Gli ebrei e i cristiani rispettosi di Allah e delle scritture che Egli ha voluto rivelare loro, non possono esimersi dal prestare fede alla rivelazione coranica” oppure al versetto V, 81 citato anche da Qaradawi: “Il Corano esalta coloro che fra i cristiani si dedicavano agli studi e i monaci dediti all’ascesi, mentre non attribuisce alcun pregio al sacerdozio. Sono stati anzi esegeti scritturali e monaci (soprattutto copti e nestoriani) ad abbracciare l’islam dopo avere ascoltato il messaggio.”
Numerosi sono stati i comunicati sulla falsariga dei suddetti emessi negli ultimi giorni. Purtroppo, ribadisco, si tratta semplicemente di parole ad hoc per mostrarsi “moderati”. Ciascuno di questi comunicati provenienti da associazioni islamiche ideologicamente collegate ai Fratelli musulmani è, a mio parere, una sorta di excusatio non petita, accusatio manifesta. Si badi bene, non mi riferisco alle espressioni di cordoglio e di dolore sincero da parte di molti egiziani musulmani, o di musulmani che vivono in Europa, non mi riferisco al grido di dolore di intellettuali come l’egiziano Tarek Heggy. Mi auguro solo che le nostre istituzioni, sia civili che religiose, non cadano nell’ennesimo tranello di queste associazioni che si vogliono presentare come unici referenti dell’islam europeo. Mi auguro che le istituzioni e la società civile europea invece si uniscano e proteggano la comunità copta anche in Europa e che si impegnino a allontanare ogni ideologia che mira non al dialogo, ma alla sottomissione.