Il Papa ci dice come non arrenderci alla “moda del tempo”

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Il Papa ci dice come non arrenderci alla “moda del tempo”

21 Marzo 2007

Non è singolare che il Papa punti così tenacemente sulla ragione? L’udienza generale del 21 marzo, dedicata agli apologisti, soprattutto a Giustino, originale filosofo appassionato di Cristo e del Lògos, squaderna i criteri originari della razionalità occidentale attraverso il paragone con le fatiche di chi ha sempre tenuto insieme la tensione della ricerca razionale della verità e la Verità stessa che si è fatta carne, Cristo.

Cristo è il Lògos, e Papa Ratzinger, nei panni del teologo cattedratico aveva già chiarito questo punto essenziale nella sua opera Introduzione al Cristianesimo (anni sessanta del secolo scorso, a ridosso del Concilio). Ma insieme a questa verità teologica, ce n’è un’altra non meno importante: la scelta della fede e dell’apologetica razionale supera radicalmente il mondo delle religioni, ancorate al mito. Il Card. Ratzinger aveva spiegato questo assunto storico-teologico in una lectio magistralis alla Sorbona, alcuni anni orsono. C’è un fil rouge che lega ogni parola del Papa e questa coerenza dichiara apertamente la sua presa di posizione nei confronti della ragione umana, capax Dei, per dirla con Sant’Agostino, altra fonte alla quale attinge costantemente il Pontefice. Il nodo decisivo della parabola degli apologisti è poi il rompicapo di molta buona filosofia contemporanea, da Michel Henry a Jean-Luc Nancy, autore di un originale saggio su Gesù Cristo.

Il trend di quest’ultimo decennio è visceralmente legato al bisogno di verità che abita nel cuore dell’uomo, alla “nostalgia dell’assoluto”, che, piaccia o non piaccia, attraversa da sempre la vicenda umana. Ebbene, il Papa, accostandosi a questa trama di bisogni con sensibilità e acutezza impressionanti, riesce a riaprire quelle “ferite” originarie dell’uomo, senza lasciarsi avvolgere dalla grigia negatività di certo cattolicesimo, ma, di contro, affermando la verità con la serenità della conquista e del dono. Allora, domandiamoci: perché qualsiasi parola del Papa costituisce sempre una scossa al politically correct progressista, anche in salsa clericale? Ma perché Ratzinger è un uomo di frontiera, un Papa borderline, amante della vita e della ragione, occidentale fino al midollo e contrario a qualsiasi forma di spiritualismo disincarnato, cioè a quel clericalismo d’accatto, la religione delle sagrestie, che tanto piace a chi vorrebbe un cristianesimo invisibile, in ginocchio, irrilevante. Questo è il vero dato da tenere sotto osservazione. Perché il Papa sta creando un laboratorio teorico e dottrinale attraverso una serie di azioni e meditazioni, dalla reintroduzione della Messa in latino alla fatica del concetto intorno agli apologisti, ricercatori audaci della verità.

A fronte del banale e posticcio politically correct, debole e sfinito, o all’illuminismo sfinito, che ritroviamo anche in un pensatore equilibrato come Dahrendorf, Ratzinger giganteggia e approda ad esiti scandalosi, nel senso originario, evangelico del termine. Una magistrale lezione ex cathedra di laicità. Conclusione: l’unico laico serio, severamente impegnato nella ricerca della verità sull’uomo e sulla storia, siede sul soglio di Pietro, tutto il resto è noia. Maledetta noia, come cantava uno chansonnier libertino e geniale di casa nostra un po’ di anni fa.