Il braccio di ferro tra Bush e i Democratici
29 Marzo 2007
Le polemiche sul
rifinanziamento delle missioni all’estero non affliggono soltanto l’Italia. Anche
a Washington le votazioni al Senato sono state ricche di contrasti e i
democratici sono riusciti a far passare un emendamento che prevede il ritiro
delle truppe entro il 2008. La votazione, che si è conclusa con 50 voti a favore
e 48 contro, garantirà al provvedimento di rifinanziamento un iter lineare,
anche grazie alla scelta repubblicana di non fare ostruzionismo. Una scelta ponderata,
poiché a difesa delle posizioni dell’esecutivo rimane il potere di veto del
Presidente, arginabile soltanto da una maggioranza qualificata dei 2/3, attualmente
inesistente. Il peso di tale potere Bush lo ha ben presente, tant’è che subito
dopo aver manifestato il suo disappunto per l’esito della votazione, il
Presidente ha chiarito che porrà un veto sistematico su qualsiasi provvedimento
che preveda il ritiro delle truppe dalle zone di guerra. «Ciò che è chiaro – ha
detto Bush – è che le conseguenze di imporre una data così specifica e casuale
per il ritiro sarebbero disastrose. I nostri nemici non dovranno far altro che
mettere una data sul calendario».
La via dei democratici per
fissare una data di ritiro sarà tutta in salita, dunque, e potrà prendere
almeno due direzioni. Dal punto di vista democratico ci sono due soluzioni, infatti,
che portano entrambe allo stesso risultato, vale a dire il ritiro delle truppe
dall’Iraq. La prima, la più drastica e ostile, è quella di ritardare il più
possibile lo stanziamento per le truppe, facendo pressione sulla Casa Bianca e
obbligandola a discutere di una data per il ritiro. La seconda è quella di dare
il via libera ai finanziamenti, come di fatto è successo, per la cifra
astronomica di 124 miliardi di dollari, e introdurre come moneta di scambio una
data per il ritiro. Ma la morsa in cui credono di aver chiuso Bush è in realtà
un’arma a doppio taglio. La volontà di ritardare gli stanziamenti sarà
sostenibile solo fino ai primi di aprile. Quando cioè i fondi ora disponibili
cominceranno a scarseggiare e i soldati al fronte si troveranno nelle prime
difficoltà. Una responsabilità che il partito democratico non può assolutamente
permettersi di assumere, a meno che non voglia affrontare l’elettorato
americano come chi ha tagliato i viveri dei soldati al fronte.
Una sorta di guerra di
logoramento tra il Presidente e il Congresso si prefigura all’orizzonte, con il
primo che cercherà di schiacciare il secondo tra il suo potere e la volontà
dell’elettorato.