Referendum, lo scontro Bersani- Renzi non ha fine: “lasciare il Pd? Devono chiamare l’esercito”
11 Ottobre 2016
“Non esiste, non è mai esistito né può esistere un vincolo di disciplina sui temi costituzionali. Questo da sempre e per qualsiasi partito”. E’ quanto dichiara l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani. E aggiunge ai cronisti che lo incontrano in Transatlantico alla Camera, “Chi guarda le cose in buona fede non può non vedere che l’incrocio tra le due riforme, Costituzione e Italicum, comporta una modifica profonda della forma di governo, una modifica che io ritengo negativa e con quel che succede nel mondo, anche pericolosa. Io ricavo dalla giornata di ieri che si vuol tirare diritto, visto che una commissione non si nega a nessuno. Se si tira diritto, non si può tirar diritto col mio sì. Si tirerà diritto con il mio no“. Bersani poi spiega che non esiste alcuna ipotesi scissione: “invito tutti i commentatori a levarselo dalla testa. E nessuno mi butterà fuori dal mio partito, cioè da casa mia, ci può riuscire solo la Pinotti schierando l’esercito…”.
L’ex segretario del Pd spiega ancora che il referendum sulle riforme non è un Apocalisse e Matteo Renzi dovrà restare presidente del Consiglio comunque vada il voto. Speranza sottolinea anche che “Gianni Cuperlo ha detto parole anche con un tono molto emozionato che credo segnali che chi sta andando verso il No non lo faccia a cuor leggero. È una posizione molto difficile a cui ci si arriva perché non si è riusciti a trovare un’altra soluzione. Dopo di che, io sono convinto che bisogna convincere Cuperlo, qualsiasi sia lo scenario, a non dimettersi perché il Parlamento ha bisogno di uno come lui”.
E sulla medesima lunghezza d’onda c’è il senatore Miguel Gotor, “Escludo categoricamente ogni ipotesi di scissione che è soltanto nella testa fantasiosa di chi la prospetta”. Pur respingendo qualsiasi ipotesi di scissione, l’esponente Pd sottolinea che “l’intervento di Renzi è stato insufficiente per due ragioni che il premier conosce benissimo. La prima è quella di avere rinviato l’eventuale cambio della legge elettorale a dopo il referendum costituzionale. La seconda ragione è la negazione in modo persino irridente del cuore politico della questione. E cioè l’incrocio, a nostro giudizio pericoloso, tra riforma del Senato e la legge elettorale che continua ad essere giudicato un alibi”.
Mentre il presidente del Pd, Matteo Orfini, scrive su Facebook: “Lunedì, con la Direzione abbiamo fatto un passo avanti importante che spero permetterà al Pd di proseguire la sua campagna referendaria in un clima più sereno e ancora più unitario”. Eppure questo clima sereno nessuno lo vede.