Trump, De Benoist e la rivincita sulla globalizzazione
12 Dicembre 2016
C’è un pensatore europeo, nume tutelare della “nuova destra” francese, che guarda con estremo interesse alla Alt-Right, la “destra alternativa”, quel movimento che non è un movimento capace di spingere fino alla vittoria Donald Trump alle presidenziali USA di quest’anno. Si tratta di Alain De Benoist, un autore che ha sempre messo alla berlina le sicurezze troppo radicate della liberaldemocrazia occidentale, e il loro riflesso più scontato nei media e sui giornali.
“L’elezione di Trump illustra in modo spettacolare l’ascesa irresistibile del populismo nel mondo”, ha detto De Benoist in una intervista pubblicata a ridosso del voto americano sul Quotidiano Nazionale. “Ora il populismo è sbarcato anche in America”. E’ lo stesso “atteggiamento collettivo che ha provocato anche la Brexit, il voto inglese favorevole all’uscita dall’Unione Europea. La classe media statunitense è stata investita assieme alla classe operaia dal vento della mondializzazione”, “allontanando la borghesia e gli operai dalle élite finanziarie, economiche e dei mass media”.
“Ora l’ondata del populismo è passata dall’altra parte dell’oceano Atlantico. Questo conferisce all’elezione di Trump una valenza storica”. Per De Benoist Trump “ha rappresentato il movimento anti-establishment ossia la contestazione delle classi dirigenti. I suoi elettori hanno bocciato un sistema del quale la Clinton era un simbolo”, hanno votato “contro Washington, contro il politicamente corretto, contro George Soros, contro la banca Goldman Sachs, contro i politici di carriera che confiscano la democrazia”.
“Un’eruzione di collera ha portato Donald Trump al potere”, “Trump è stato votato dalla classe operaia bianca. Però il suo successo non è dovuto solo a una questione etnica, ma anche a un fattore di classe. Io penso che abbia attratto anche voti di elettori neri”. E conclude: “Quanto Hillary era prevedibile altrettanto non lo è Donald Trump. Sarebbe, credo, un errore determinare la politica che metterà in essere alla Casa Bianca solo sulla base delle sue dichiarazioni più contundenti pronunciate durante la campagna elettorale”.
In Italia la nuova destra francese degli anni settanta è arrivata grazie ad autori come Marco Tarchi, Stenio Solinas, Gennaro Malgieri. Il ribelle De Benoist critica l’atlantismo per partito preso, smonta il trotzkismo (più o meno consapevole) dei neocon statunitensi, i meccanismi perversi del capitalismo finanziario globale, lo strapotere delle tecnocrazia che deprime ogni idea di un’Europa federalista a tutela delle piccole patrie e delle tradizioni culturali. De Benoist non risparmia neppure l’ideologia del multikulti, la sua astrazione, lo sradicamento generato dalle grandi migrazioni e il caos etnico.
L’autore francese chiede una democrazia “partecipativa”, in grado di coinvolgere il cittadino nelle scelte della comunità, e che non resti rimanga una delega ad un burocratico sistema di rappresentanza ormai in bilico fra il mondo del gossip e i consigli d’amministrazione. Tutte cose che sembrano parlare alla destra trumpista, appunto.