Scalata Vivendi a Mediaset, lo scudo di Berlusconi

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Scalata Vivendi a Mediaset, lo scudo di Berlusconi

15 Dicembre 2016

Davanti alla scalata del gruppo Vivendi, che in tre giorni è passato dal 3% al 12,3% fino al 20% del capitale di Mediaset, Silvio Berlusconi annulla tutti gli impegni presi a Roma, riunisce i figli e i vertici Fininvest e reagisce al blitz ordito dal francese Vincent Bollorè. Per Berlusconi “l’acquisto delle azioni Mediaset da parte di Vivendi, non concordato preventivamente con Fininvest, non può essere considerato altro che un’operazione ostile”. C’è “la compattezza più assoluta” della famiglia, decisa a battersi contro chi vorrebbe “ridimensionare il nostro ruolo di imprenditori”, aggiunge il Cavaliere, smentendo le voci su presunte divisioni tra i figli, in cui qualcuno vorrebbe vedere incunearsi proprio Bollorè. 

Il magnate bretone che dai media alle telecomunicazioni, passando per infrastrutture, logistica, trasporti, ha messo in piedi un impero, per i più pessimisti starebbe architettando un’espansione in grande stile nell’economia italiana, magari creando un trust tra produttori di contenuti (Mediaset) e distributori (Vivendi e Telecom), e allargandosi, perché no, alle banche e al mondo delle assicurazioni. Speculazioni, almeno per adesso. La notizia comunque è che Fininvest è già passata al contrattacco, salendo dal 34,7 al 39,7% in Mediaset e annunciando di essere pronta ad aumentare ulteriormente la propria partecipazione nei limiti di legge. 

In Borsa il titolo ha festeggiato, ieri +30%, oggi ancora su, tanto che la capitalizzazione  è tornata al livello precedente alla rottura delle trattative con Vivendi su Mediaset Premium. Qui starebbe la quadra secondo gli analisti finanziari, e qui potrebbe aprirsi un fronte tra Bollorè e la giustizia italiana: il finanziere francese ha prima rotto l’accordo su Mediaset Premium con il Biscione, poi ha atteso che il titolo della scuderia berlusconiana di deprezzasse per iniziare quindi il rastrellamento in grande stile di questi giorni, e poter rivendere successivamente le azioni a un valore maggiore. 

“Vivendi ha avuto l’opportunità, con l’accordo strategico firmato nello scorso aprile, di avviare con Mediaset una collaborazione che si preannunciava proficua per entrambi i gruppi”, taglia corto Berlusconi, sottolineando che “non è certo questo il miglior biglietto da visita che Vivendi possa esibire nel riproporsi come azionista industriale della società”. “Sarà dura, ma ci difenderemo”, ha detto il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri commentando l’accaduto, e aggiungendo, scherzosamente, “Chissà se il prossimo anno brinderemo con lo champagne al posto del prosecco”. Ora Fininvest aspetta il 21 marzo, giorno in cui è stata fissata la prima udienza della causa intentata contro il colosso francese per il mancato rispetto del contratto sulla vendita di Premium. 

Ci si chiede intanto se e quali ricadute possa avere questa vicenda sul piano politico, anche alla luce della ‘frattura’ che si aperta tra i vertici Fininvest e il Cavaliere, i primi orientati verso il Sì al referendum mentre Berlusconi e Forza Italia si sono schierati, vittoriosamente, per il NO. Oggi occhi puntati sul parlamentari di FI in Senato, dove il partito ha votato sempre NO ma stavolta al voto di fiducia sul governo Gentiloni. Forza Italia resta all’opposizione ma quali effetti potrebbe avere la guerra finanziaria in corso magari sulle trattative relative al tema caldo di questa legislatura, la nuova legge elettorale?

“Il Governo monitorerà con attenzione l’evolversi della situazione”, fa sapere intanto il titolare del Ministero dello sviluppo economico, Carlo Calenda, spiegando che il settore dei media è considerato “strategico” dall’esecutivo. Il ministro ha aggiunto anche che le regole di mercato saranno rispettate, precisando: “Non sembra davvero che quello che potrebbe apparire come un tentativo, del tutto inaspettato, di scalata ostile a uno dei più grandi gruppi media italiani, sia il modo più appropriato di procedere per rafforzare la propria presenza in Italia”.

Resta da capire in che modo il governo Gentiloni riuscirà a tutelare Mediaset che è una risorsa del nostro paese, paese che ha già svenduto tanti, troppi prezzi del suo patrimonio industriale: Pirelli, Ansaldo Breda, Rinascente, BNL, Bulgari, Edison, Merloni, Pernigotti, tanto per rinfrescarci la memoria, l’olio (Carapelli, Dante, Sasso) e l’acqua (Sanpellegrino, Levissima, Panna), gli operatori telefonici.  Per cui va bene rispettare le regole del libero mercato, sempre a patto che gli altri, vedi i francesi, le abbiano rispettate e continuino a rispettarle anche loro. Perché se non fosse così scopriremmo, di nuovo, che altri Paesi difendono meglio del nostro il loro patrimonio economico e sanno come contrastare chi vuole colonizzare il proprio mercato interno.