Veltroni insiste: il Cav. è un pericolo. Ma la teoria non regge
01 Ottobre 2008
L’immagine che in questi giorni si ricava del capo dell’opposizione è davvero strana. Veltroni concede lunghe interviste (con qualche sciatteria come nel caso dell’elicottero della Gelmini), riceve editoriali di risposta, li compulsa attentamente, risponde a sua volta con lettere pensose e problematiche. Lo si apprende preoccupato per la “possibile fine della democrazia per come la conosciamo in Occidente”, chino a studiare “le pericolose pulsioni” dietro al voto austriaco. Più che a un capo politico viene da pensare ad uno studioso con inclinazioni apocalittiche.
Il guaio è che le sue idee da studioso non sono affatto più convincenti delle sue (poche) azioni da politico. Nella lettera al Corriere di oggi, Veltroni mostra una visione idealizzata della democrazia: la considera un concetto definito a priori e per sempre, per questo interpreta qualsiasi increspatura della sua perfetta superficie come una crisi. Non vede la democrazia come un prodotto umano, empirico e perfettibile, per questo sembra ritenere che se gli uomini vi mettono mano è per commettere un attentato.
Riportato alle cose italiane questo modo di pensare costringe Veltroni a non vedere i mutamenti che si sono prodotti nei meccanismi democratici anche a seguito delle sue stesse scelte politiche. Insomma ha introdotto un’innovazione (la creazione del Pd) ma non ne capisce le conseguenze di sistema. Non coglie come il rapporto tra maggioranza, opposizione e governo sia profondamente mutato con l’assetto quasi bipartitico che si è prodotto con le ultime elezioni. E continua a lagnarsi delle prevaricazioni del governo contro l’opposizione senza cogliere l’occasione che questa nuova situazione offre proprio alla sua parte politica. Se qualcuno ha diritto di lamentarsi in una democrazia maggioritaria sono semmai i parlamentari di maggioranza, ridotti ad una mera estensione del governo, ma l’opposizione, se ne fosse capace potrebbe avere tutti gli strumenti per una azione incisiva. Peccato che il Pd sembra non avere alcun interesse alla modifica dei regolamenti parlamentari e alla conseguente “istituzionalizzazione” del governo ombra. Forse perché ha già considerato fallito il primo tentativo di farlo funzionare.
C’è poi ancora sciatteria e cattiva informazione quando nella lettera al Corriere Veltroni si lamenta dei troppi decreti legge e voti di fiducia con cui il perfido Berlusconi espropria il Parlamento e l’opposizione dei suoi diritti. Dovrebbe andarsi a vedere le statistiche fornite dagli uffici del ministero per i rapporti col Parlamento per scoprire che nel periodo equivalente il governo Prodi fece altrettanto o peggio. Ma lì la democrazia rimaneva indenne.
Insomma Veltroni dovrebbe guardare alla trave nell’occhio del Pd, prima di criticare la pagliuzza in quello del governo. Capiamo il suo bisogno di stare all’attacco nell’imminenza della manifestazione del 25 ottobre, ma una migliore selezione degli argomenti non guasterebbe. A meno di non trovare sin troppo confortevole una lunga permanenza all’opposizione.
Veltroni tratta con pruderie l’idea del potere, la considera una cattiva parola e non un elemento consustanziale al governo e alla tutela degli interessi nazionali. Pretende che il governo rifugga dall’idea di esercitare il potere e si consideri "pro tempore", perché questa secondo lui è la sostanza della democrazia. Ma i due elementi non sono in contraddizione se si danno per acquisite le regole dell’alternanza e non si trema per la dittatura dietro l’angolo. I governi hanno il dovere di pensare a lunga gittata e non vivere la precarietà come un valore. Certo l’esperienza dei governi di centro-sinistra deve aver influenzato le teorie veltroniane.
Leggetevi la lettera al Corriere, (la trovate qui), è tutta un “ha cominciato prima lui” : rivolto ovviamente a Berlusconi. Quando Veltroni perde il tono dottorale e pensoso suona bambinesco e un po’ vendicativo. Soprattutto quando insiste sulla “putinizzazione” del Cav. Ma in questo caso ha davvero “cominciato prima” Walter che, anche se non lo ricorda volentieri, è stato comunista fin da ragazzino.