Svimez: con la clausola del 34% era possibile dimezzare il calo del Pil al Sud
30 Marzo 2017
Se negli ultimi sei anni, dal 2009 al 2015, fosse stata attivata la clausola del 34% che, in base all’ultimo censimento Istat, corrisponde alla quota di abitanti delle otto regioni meridionali, il Pil del Sud avrebbe praticamente dimezzato la perdita accusata dal 2008. A dirlo è uno studio della Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, condotto dal presidente Adriano Giannola e dal ricercatore Stefano Prezioso.
Secondo quanto riportato, attivando la clausola, la perdita del Pil del Mezzogiorno sarebbe stata pari al -5,4% mentre il calo effettivo è stato del -10,7%. Analoghi effetti si sarebbero avuti per l’occupazione, in quanto la diminuzione sarebbe stata pari a -2,8% invece del -6,8% effettivo. Tradotto, vuol dire che si sarebbero persi non mezzo milione di posti di lavoro bensì circa 200 mila, salvandone di fatto 300mila.
Lo studio è stata effettuato all’indomani dell’approvazione in Parlamento del “Decreto Mezzogiorno“, nel quale all’articolo 7 bis è stata inserita, su proposta del Ministro della Coesione Territoriale e del Mezzogiorno Claudio De Vincenti, una norma intitolata significativamente “Principi per il riequilibrio territoriale”, in base alla quale le amministrazioni centrali dello Stato destinano alle Regioni del Mezzogiorno, a partire dal 2018, una quota della loro spesa ordinaria in conto capitale proporzionale alla popolazione, secondo quanto sarà definito da una direttiva e da un decreto del Presidente del Consiglio da emanare entro il prossimo 30 giugno. Staremo a guardare-
Di qui la scelta fatta dalla Svimez di effettuare lo studio d’impatto, che riguarda le amministrazioni centrali e quelle regionali, prendendo come riferimento il fatidico valore del 34% che, dunque, se attivato prima avrebbe permesso di evitare ulteriori danni ad un Mezzogiorno già martoriato dalla crisi.