Alfano minaccia la crisi? Maddai, dietro c’è il solito Renzi
03 Aprile 2017
“Certo non domani mattina”, ma il giorno appresso chissà. L’espressione “crisi di governo”, sconosciuta al vocabolario di Angelino Alfano quando si è trattato di ingoiare le unioni civili, l’Italicum e chi più ne ha più ne metta, sembra aver fatto ingresso nell’orizzonte politico del fu Ncd, il “partito della resilienza” che incassa e assorbe ma non si sposta nemmeno con la forza d’urto di una cannonata.
Sentire il ministro degli Esteri ammonire negli studi di Porta a Porta che “se il governo è sotto ricatto della Cgil noi non siamo ricattabili”, che “noi con la sinistra dell’indietro tutta non ci stiamo”, è una novità assoluta dacché il renzismo è al potere e Angelino stabilmente con lui. Figuriamoci poi udirlo minacciare decreti legge sulla legge elettorale perché “se il motore principale, cioè il Parlamento, non funziona, allora servirà quello ausiliario del governo”, come se il funzionamento del Parlamento non dipendesse dai partiti e come se la maggioranza di cui il partito di Alfano fa parte non fosse stata fin qui a tal punto insipiente da non riuscire neppure a eleggere in tre mesi il presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato.
Ma insomma, la novità è che Angelino il resiliente batte i pugni. L’approssimarsi della battaglia elettorale ha forse risuscitato il pugnace orgoglio fin qui sopito dalla ragion di governo? Ancorché tardiva sarebbe una consolazione, ma purtroppo non è così. La verità, infatti, è che la levata di scudi dell’inquilino della Farnesina – preceduta da dichiarazioni altrettanto bellicose dei suoi capigruppo parlamentari, a dimostrazione che si tratta di una mossa a tavolino – nasconde due vistose magagne.
Numero uno: Alternativa Popolare abbaia contro la Cgil ma, se avesse voluto mordere, la crisi avrebbe dovuto minacciarla prima dell’abolizione dei voucher, e non pateticamente dopo a cose fatte. Altro che difesa dei valori con cicatrici annesse! Numero due: se dopo tre anni di acquiescenza assoluta (e ben ripagata in termini di posti al sole) Alfano si è spinto a minacciare (con moderazione) uno sgambetto al governo Gentiloni, accelerando le oscillazioni del sismografo dell’esecutivo, non è per una improvvisa resipiscenza: è solo perché Renzi ha bisogno di arrivare a un incidente sperando di ottenere le elezioni anticipate. Niente di nuovo sotto il sole, dunque.
E’ il solito Renzi, che concepisce soltanto manovre di potere. Ed è il solito Alfano, che lo asseconda per brillare di potere riflesso.