Le politiche salariali tra fringe benefit, premi di produttività e cuneo fiscale

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600


Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Le politiche salariali tra fringe benefit, premi di produttività e cuneo fiscale

Le politiche salariali tra fringe benefit, premi di produttività e cuneo fiscale

18 Novembre 2022

Sul tema delle politiche salariali il cambio di rotta imposto dal nuovo governo è radicale: la rinuncia a introdurre il salario minimo per legge e l’incremento degli incentivi fiscali e contributivi per favorire la contrattazione sindacale di secondo livello, i salari collegati ai risultati delle imprese e le erogazioni per il welfare aziendale.

Sulla praticabilità di queste scelte, anticipate nel decreto aiuti con un aumento da 600 euro a 3000 euro l’anno, limitatamente per il 2022, delle esenzioni fiscali per le erogazioni liberali da parte delle imprese a favore dei lavoratori per spese di trasporto, l’acquisto di beni e servizi e per il pagamento delle bollette energetiche, pesano alcune incognite.

La prima derivante dall’incertezza sull’intensità e la durata della crescita dei prezzi e dei conseguenti provvedimenti emergenziali rivolti a contenere l’impatto sulle attività produttive e sui redditi delle famiglie. Provvedimenti molto onerosi e destinati ad assorbire la quasi totalità delle risorse pubbliche disponibili a partire da quelle impegnate sulla legge di bilancio 2023. Fattore che rende improbabile anche l’incremento strutturale del cuneo fiscale richiesto all’unisono dalle parti sociali.

La seconda incognita è derivante dalle difficoltà di compensare la svalutazione dei salari nell’ambito del rinnovo dei contratti nazionali attesi da 6 milioni di lavoratori e per quelli già rinnovati sulla base di previsioni inflazionistiche più contenute.

La scelta di incentivare la crescita dei salari collegata alla produttività rimane la via maestra per riassorbire le tensioni inflazionistiche evitando la rincorsa tra la crescita dei prezzi e dei salari che penalizzerebbe le categorie meno protette e la competitività del sistema produttivo. Ma la scelta di decentrare in modo consistente la contrattazione continua a registrare ostacoli in una parte rilevante delle organizzazioni sindacali e del mondo imprenditoriale.