Il mercato non si salva eliminando la propensione al rischio
16 Ottobre 2008
Quando il Congresso e Hank Paulson si sono accordati per far sì che il governo risollevasse le società finanziarie dalle loro gestioni sbagliate, il mondo della finanza globale ha tirato un sospiro di sollievo. Si suppone che, socializzando il costo della liquidazione delle “attività tossiche”, principalmente le “cattive” ipoteche, si possa spingere verso un nuovo flusso di credito e prevenire altri peggioramenti. Accadrà davvero questo? Quando la Camera ha votato “no” contro un piano tanto eccezionale – in un clima bipartisan, il mercato è colato a picco. Quando il Senato ha votato “sì” su una versione decisamente edulcorata della stessa proposta, il mercato è andato giù lo stesso. Quando la Camera, alla fine, si è decisa ad approvare il mostro… il mercato è tornato a calare. Da allora l’indice Dow Jones è precipitato per più di 1,000 punti.
Era rischioso restare con le mani in mano nell’atmosfera di crisi generata dall’alleanza Wall Street–Washington, ma questa non può essere la ragione per cavarsela facendo giusto qualcosina. Con i contribuenti offesi dal salvataggio d’emergenza di Wall Street, Paulson e il Congresso avevano bisogno di una dimostrazione schiacciante che fosse il risultato di un compromesso tra le posizioni in campo. Perciò, allo schema del piano originario di tre pagine presentato da Paulson sono state aggiunte delle specifiche pensate apposta per l’elettorato: limiti al rischio a cui sono esposti i contribuenti, limitazioni di tipo populista nel precludere il diritto di riscatto sulle ipoteche delle case, sussidi per i prestiti bancari a gente con basso reddito, e limitazioni simboliche ai trattamenti retributivi dei vertici aziendali (CEO).
Volando alla cieca in una bufera di neve, il Congresso ha deciso di fare qualcosa, sebbene nessuno al momento sia sicuro se la cosa funzionerà. I politici proclameranno la soluzione bipartisan del patto di salvataggio finché non soffieranno venti finanziari meno sfavorevoli. Successivamente, potranno riprendere a rimproverarsi a vicenda. Il bipartitismo può funzionare a meraviglia nell’unificare una nazione in tempi di crisi, ma ugualmente bene nel deresponsabilizzare i politici. L’errore sta nel credere che qualsiasi piano vistosamente bipartizan debba essere buono per forza di cose. Ahimè, il minimo comune denominatore – in politica come ovunque – è spesso abbastanza corrotto.
Ironia della sorte, la maggior parte delle decisioni politiche chiave – accusate da più parti di aver contribuito alla crisi finanziaria – sono state generate da un consenso bipartitico schiacciante: si è spinto Fannie Mae e Freddie Mac verso un energico supporto ai mutui – senza avere garanzie collaterali e senza essere assicurati contro un potenziale calo del mercato immobiliare. Si è deciso di offrire standard meno rigorosi alle banche d’investimento rispetto alle banche commerciali. Si è forzanto il marking to market delle attività finanziarie. Tutte queste misure sono state criticate, ma hanno anche avuto un forte appoggio all’interno dei partiti.
La cosa più incredibile e straordinaria, alla faccia di ogni buon senso pratico (chi credeva veramente che i prezzi dell’immobiliare sarebbero aumentati per sempre?), è che Washington e gli investitori a livello mondiale si sono comportati come se le attività basate sulle ipoteche non avessero alcun rischio allegato. Quando i “controllori”, improvvisamente (ma tardivamente), hanno invertito il trend mettendo un freno ai prestiti sub-prime, l’illusione è svanita e si è affacciato il panico: qualcuno avrebbe effettivamente perso dei soldi! Un salvataggio di compromesso può calmare i mercati momentaneamente, anche se è difficile dirlo con certezza. Siamo nel mezzo di un importante cambiamento politico-economico, che coincide con una elezione presidenziale. Tuttavia l’elemento fastidioso del pacchetto di salvataggio è la conservazione del principio secondo cui nessuno dovrebbe mai perdere nei mercati; e se accade, i contribuenti debbono condividere i rischi.
Lo spirito dei tempi volge contro chi “corre dei rischi” mentre allo stesso tempo vorrebbe convincerci che, politicamente, non c’è alcun rischio. Sorprendentemente, gli economisti politici che dovrebbero saperne di più di tutti di colpo bandiscono ogni concetto di minaccia etica dal loro orizzonte. Risultato: il genuino “correre dei rischi”, che crea nuovi mercati, prodotti, lavori e industrie, viene scoraggiato, mentre i rischi appoggiati dal governo – proprietà di case, investimenti ipotecari, vengono incoraggiati più che mai. Qualcuno dovrà spiegarci come un processo del genere sia di buon auspicio per la nostra futura salute economica, e se per caso non ci stiamo rimettendo in sesto solo per subire un altro (e probabilmente peggiore) ciclo di sovra-investimenti, in un solo settore dell’economia, che viene tenuto in piedi con misure di soccorso da parte dei contribuenti.
A ben vedere le protezioni di interessi specifici inserite nel pacchetto di emergenza non sono la sua peggiore caratteristica. La cosa peggiore è che manchi anche una sola sillaba in grado di far progredire il libero mercato, o sulle colpe da assegnare a chi ha combinato il pasticcio in cui siamo finiti. Questo dovrebbe essere il senso della parola bipartisan. Il bipartitismo può realizzare molte cose, ma non può fare l’impossibile: non è in grado di trovare un punto di equilibrio tra giusto e sbagliato.
Tratto da "The Examiner", 10 ottobre 2008
Traduzione di Daniela Masciale