E alla fine si finisce tutti in piazza a cantare Bella Ciao

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E alla fine si finisce tutti in piazza a cantare Bella Ciao

30 Ottobre 2008

Cominciamo dalla fine: la manifestazione generale contro la Gelmini è finita con le note dell’inno di Mameli sullo sfondo. Una occasione che forse avrà aiutato qualcuno degli ottocentomila manifestanti (stima degli organizzatori, ndr) ad imparare finalmente le strofe del nostro inno nazionale. Solo che, all’udir cotanto suono, i tanti ragazzini vestiti con l’inossidabile binomio kefia e t-shirt rossa del Che hanno smesso di sventolare la bandiera di Rifondazione Comunista, arrotolata da un po’ troppo tempo, e mugugnato, passi pure Berlusconi a palazzo Chigi, ma cantare l’inno nazionale no. Meglio “bella ciao”.

Tutto era stato perfetto. Come ogni grande manifestazione pilotata dai sindacati. In questo sono portentosi, una vera macchina da guerra. Il repertorio è quello supercollaudato del corteo con arrivo in piazza del popolo (in questo caso il serpentone di manifestanti si è diviso in tre tanti erano ), con leader sul palco, veementi accuse contro la Gelmini, Tremonti e Berlusconi, testimonianze toccanti. Protestano i bidelli, i ragazzi delle scuole superiori, i sindacalisti di professione, vecchi professori in pensione, precari e chi è di ruolo.

In prima fila i bambini delle elementari e della materna con un cartello ben in evidenza: bambino strumentalizzato. Viva la sincerità. E poi feretri portati a spalla per decretare la morte della pubblica istruzione, calli allegorici, tarantelle, fischietti e cori da stadio. Tanti striscioni contro la Gelmini. Qualche momento di tensione solo quando alcune migliaia di manifestanti hanno deviato verso Trastevere per convogliare verso il ministero dell’istruzione per tirare uova e fumogeni contro le forze dell’ordine.

Alla passerella hanno partecipato Veltroni, Di Pietro, Bindi, Ferrero, Vendola e Finocchiaro tutti i leader delle sigle sindacali. Annotazione malignetta: la stragrande maggioranza dei partecipanti alla manifestazione è riconducibile alla generazione cresciuta sotto l’algida educazione del maestro unico. Quindi venuta su male e senza quel pluralismo culturale che sembra essere diventato indispensabile. Cresciuti male? Non esageriamo. E’ che “ i tempi sono cambiati”, si giustificano, “ora c’è internet”. E poi, si chiedeva preoccupato un ragazzo del liceo, “cosa accade se il maestro prendesse di mira un bambino di sei, sette anni?”.

Il dl Gelmini effettivamente non prevede questo caso di accanimento contro minore da parte del maestro unico brutto e cattivo. C’erano anche i bidelli, stanchi, e preoccupati, di dover tornare ad impugnare la scopa per spazzare le aule scolastiche, come accadeva anni fa, quando il maestro era unico. E quindi: sindacato aiutami tu. Ma guai, e ripetiamo guai, a identificare politicamente la manifestazione di oggi, sarebbe “un errore molto grave”, parole di Walter Veltroni. Che durante il corteo ha in ordine: abbracciato Di Pietro, inveito contro il decreto Gelmini, sfilato a braccetto insieme ai suoi colleghi del Pd, rilanciato l’idea del referendum per abolire il dl, senza però dire molto sulla formulazione dei quesiti, tanto che per il senatore Gaetano Quagliariello, vicepresidente vicario del Pdl al Senato “Veltroni dimostra di avere poche idee, ma ben confuse”.

Un po’ di numeri. Alta l’adesione allo sciopero secondo i sindacati, con il 90% delle scuole pubbliche italiane chiuse. Secondo il ministero dell’Istruzione la partecipazione è stata del 57,1%: su 452.105 dipendenti 258.152 hanno incrociato le braccia. Berlusconi è tornato a difendere la legge Gelmini: “c’è una scandalosa sinistra che ha questa capacità assoluta di mentire su cose che sono di un buonsenso e di una logicità assoluta, la sinistra dice cose che non corrispondono al vero. La nostra non è nemmeno una riforma, sono provvedimenti assunti con il buonsenso del padre di famiglia. C’è una scandalosa e grandissima capacità della sinistra di diffondere il contrario del vero”.