Alla Vigilanza è il momento della svolta e ora Villari è disposto a lasciare
20 Gennaio 2009
Dopo oltre nove mesi di stallo la crisi nella Commissione parlamentare di Vigilanza Rai sembra ormai giunta ad un punto di svolta. Ad imprimere un’accelerazione agli eventi le dimissioni di 35 commissari su 40 che adesso spianano la strada ad un possibile scioglimento del parlamentino di San Macuto da parte dei presidenti di Camera e Senato. Ed a nulla è servita la lettera che lo stesso presidente della Commissione, Riccardo Villari, aveva inviato poco prima che i commissari rimettessero il mandato nelle mani delle proprie segreterie. Lettera in cui l’ex senatore del Pd dava la sua disponibilità a mettere all’ordine del giorno della prossima riunione della Vigilanza le sue dimissioni.
Così dopo oltre nove mesi l’intricata vicenda della Commissione di Vigilanza sembra essere arrivata alla fine, tanto che già nella riunione convocata per oggi Villari potrebbe decidere di lasciare. Ed anche qualora non lo facesse al Senato sono pronti ad agire, come testimoniano le parole dello stesso presidente Renato Schifani, il quale a caldo ieri sera commentava: “Un dato è certo: la paralisi della commissione di Vigilanza Rai è un fatto ormai oggettivo e irreversibile. Abbiamo preso atto delle dimissioni di massa dei componenti della commissione di Vigilanza e anche delle dichiarazioni dei capigruppo che non intendono sostituire i dimissionari. E’ compito dei presidenti di Camera e Senato di vigilare e fare in modo che Senato e Camera funzionino, ce lo impone l’ordinamento, e quindi di comune accordo troveremo una soluzione”. Insomma la soluzione della crisi è ormai questione di ore: la Giunta per il Regolamento della Camera è, infatti, convocata per domani, mentre quella di Palazzo Madama per giovedì. Da qui potrebbe arrivare la decisione, in punta di regolamento, di decretare la fine della Commissione vista l’impossibilità a garantirne il funzionamento. Intanto dai capigruppo di Camera e Senato del Pdl giunge anche la precisazione di non essere intenzionati a “procedere ad indicazioni sostitutive, in quanto le dimissioni sono tese a sollecitare una decisione dei vertici del Parlamento che consenta alla Commissione un regolare funzionamento, che allo stato dei fatti risulta impossibile”. In pratica per Villari il conto alla rovescia è partito.
Dal canto suo l’ex senatore democratico si difende ed attacca a testa bassa Veltroni e la dirigenza del Pd: “Il leader del Pd, partito al quale continuo a sentirmi di appartenere, ha messo in campo una campagna di pressione che non è stata adottata contro nessun altro, nemmeno nei momenti più difficili dello scontro politico. Nella seconda repubblica abbiamo visto di tutto, ma mai il mio partito si era mosso con questa, lo voglio dire, violenza. Sia chiaro: non vogliono che la Commissione funzioni, ma esclusivamente la disponibilità del mio incarico, la poltrona”. Mentre sulle sue mancate dimissioni Villari continua a precisare: “Avevo offerto ampia disponibilità per superare lo scontro che il mio stesso partito aveva determinato sul mio nome: in cambio pretendevo solo il riconoscimento della mia correttezza e dignità per le istituzione che rappresento. Ho chiesto a Veltroni ed al mio capogruppo Finocchiaro di difendere la mia reputazione e la mia moralità, pur non condividendo loro il mio atteggiamento politico. Niente, per tutta risposta è proseguito ed anzi si è intensificato il fuoco amico, insieme a Di Pietro. Senza contestarmi nulla che mi consentisse la difesa, mi hanno espulso dal gruppo, dal partito e cancellato dai costituenti del Pd nonostante fossi stato eletto con le primarie, come Veltroni”.
Ma non sono solo Pd e Pdl a richiedere le dimissioni di Villari, anche Antonio Di Pietro insiste sul cambio al vertice di San Macuto osservando: “Non è possibile che ad un organo di vigilanza di un servizio pubblico sia impedito di funzionare per l’ingordigia dei Villari di turno e per le tresche della maggioranza. L’Idv ha subito un’offesa, è stata vittima di un abuso, quando non è stata accettata la candidatura di Leoluca Orlando, ma siano responsabili e non reagiremo anche se siamo considerati eversivi solo perchè vogliamo rilanciare la legalità nelle istituzioni”. Unica voce fuori dal coro il radicale Marco Beltrandi il quale fa notare: “Dico al presidente Schifani che non è vero che tutti i membri si sono dimessi, io non mi sono dimesso e non ho nessunissima intenzione di farlo. Quello a cui stiamo assistendo è molto grave, tanto più che avviene nel silenzio assordante del Quirinale, che se non interviene ora non capisco cosa aspetti. Siamo davanti a un atto fuori dalla costituzione, per fare un esempio soltanto due mesi fa due esponenti dell’Idv si erano dimessi, ma le dimissioni furono respinte”.
Come detto però la soluzione è soltanto questione di ore, dopo di che si potrà mettere mano alle questioni Rai più urgenti: il rinnovo del CdA e le nomine dei direttori di testata. E proprio su questo fronte si registrano le prime polemiche, con il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, e quello in Vigilanza, Alessio Butti, che attaccano il direttore del Gr Rai, Antonio Caprarica, colpevole, a loro dire, di aver “tagliato” il programma “Il Comunicattivo” di Igor Righetti. Il segnale che ai piani alti della politica si guarda già oltre la crisi della Vigilanza.