Dopo l’India, è la Sicilia la terra prediletta dai fotografi
05 Aprile 2009
Melo Minnella è originario di Mussomeli, provincia di Caltanissetta, vale a dire Sicilia profonda. E’ uno dei quattro fotografi più importanti e significativi della vecchia guardia. Con Enzo Sellerio, Ferdinando Scianna e Giuseppe Leone è stato uno di quelli che ha saputo filtrare attraverso l’obiettivo e consegnarci immagini di una terra che – parola di Minnella – “dopo l’India offre i maggiori spunti per un fotografo”. Quattordici suoi scatti, insieme a quelli di altri maestri siciliani dell’obiettivo, sono ospitati in forma permanente al museo Guttuso di Villa Cattolica, a Bagheria. Una sede espositiva che è stata riaperta la settimana scorsa dopo un anno di lavori e che dedica tutto il secondo piano proprio all’arte fotografica.
Come giudica l’esposizione?
All’inaugurazione c’era molta confusione e ne ho ricavato un’impressione fuggevole.
Cioè?
Troppi bagheresi. Naturalmente, per personaggi come Ferdinando Scianna e Peppuccio Tornatore va bene. Ma poi il livello scende. E ci sono francamente cose che non meriterebbero nemmeno di essere viste.
Addirittura.
Certo. Non puoi dedicare a Giuseppe Leone lo stesso spazio che è riservato a un fotografo senza storia.
E poi?
Trovo siano stati trascurati molti colleghi della parte orientale della Sicilia, gli emergenti di Catania e Siracusa ad esempio. Tuttavia, ho trovato molto interessante e meritevole il fatto che un museo si sia aperto alla fotografia.
Come è cambiato il suo “mestiere” nel tempo?
E’ cambiato il rapporto dell’immagine fotografica con i media. Prima ti affidavano un servizio e ci lavoravi una settimana, un mese. Oggi si dice che nel giro di un’ora devi fornire la foto. Altrimenti si rivolgono altrove.
La Sicilia è ancora “narrabile” fotograficamente? Ci sono angoli, situazioni, momenti che ancora non sono stati scandagliati?
Penso che dopo l’India sia il posto più interessante. Certo, non ci sono più i contadini e i muli. Ma chi ha fantasia trova sempre qualcosa da raccontare. Sto tornando dall’Egitto, ad esempio, e ci sono molte cose straordinarie. Ma la Cappella palatina l’abbiamo noi. Tanto per dirne una.
Rullino o digitale?
Ormai bisogna adattarsi. Anch’io uso le macchine moderne. Tempo fa ho fatto incetta degli ultimi rullini di buona qualità. Ci camperò per almeno due anni. Pensi che non c’è nemmeno chi sviluppa, qui in Sicilia. Intendo sviluppo professionale. Certe cose le devi ordinare in Germania. E’ sparito un mondo, praticamente. Ma il prossimo libro lo farò utilizzando immagini in digitale. E’ un aggiornamento del repertorio sulle “Lape”, le lambrette a tre ruote (così è chiamata in Sicilia il modello Ape della Piaggio, ndr). Praticamente, hanno sostituito il ruolo che avevano un tempo gli asini”.