Berlusconi provoca ma sul Parlamento centra il bersaglio

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Berlusconi provoca ma sul Parlamento centra il bersaglio

Berlusconi provoca ma sul Parlamento centra il bersaglio

10 Marzo 2009

 

Fa gridare ovviamente allo scandalo l’ipotesi, ventilata da Berlusconi, di una nuova regola per cui  ogni capogruppo voti per tutti i parlamentari del suo gruppo. Ogni capogruppo “peserebbe” così in base alla dimensione del rispettivo gruppo. Diciamolo francamente: non sarebbe il modo migliore per dare visibilità e dignità ad ogni singolo parlamentare, che per Costituzione dovrebbe rappresentare la Nazione senza vincolo di mandato. E non aiuterebbe, ovviamente, a dare lustro all’istituzione parlamentare.

E tuttavia è un voluto paradosso, che sottolinea il senso di frustrazione provato da chi si sente chiamato a fare null’altro che spingere un bottone a comando.

Chi ha un po’ cultura costituzionale sa che l’ipotesi berlusconiana fu già preconizzata negli anni ‘20 da Hans Kelsen, che la presentava come il possibile, estremo, risultato dell’evoluzione verso lo “Stato dei partiti”, in cui ogni eletto è vincolato dalla disciplina di partito e di gruppo, ed ogni libero mandato è privo di senso. Nel Parteienstaat, a quale scopo avere centinaia di parlamentari? Basterebbe averne uno per partito, dotato del peso rispettivamente guadagnato dal partito di appartenenza alle ultime elezioni (con sistema proporzionale). Con tanti saluti alla tradizione secolare della rappresentanza politica come rappresentanza libera e non vincolata.

Con lo splendido candore che lo caratterizza, Berlusconi ovviamente non si pone problemi di questa natura, ed anzi intercetta a suo modo l’insofferenza della pubblica opinione per l’esorbitante numero di membri della classe politica. Oggi non abbiamo uno “Stato dei partiti” in senso kelseniano, ma la provocazione del Nostro serve, in quanto pone al centro dell’attenzione la questione del ruolo delle Camere, dell’identità di un Parlamento stretto tra la forza dell’esecutivo, l’arroganza del giudiziario, l’erosione delle sue competenze normative da parte dell’Europa e delle Regioni. E anche quella del rapporto tra disciplina di partito o gruppo e diritti dei singoli parlamentari.

Anziché stracciarsi ipocritamente le vesti, i molti sepolcri imbiancati del nostro panorama istituzionale, sempre pronti a difendere a parole la centralità del Parlamento, farebbero bene a elaborare qualche risposta convincente.