Frattini: “La nostra una battaglia in nome di diritti assoluti”

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Frattini: “La nostra una battaglia in nome di diritti assoluti”

13 Marzo 2009

Nel chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva di Roma, il ministro degli Esteri Frattini ha difeso a spada tratta la sua decisione di ritirare la delegazione italiana dai lavori preparatori della Conferenza Onu sul Razzismo e le Discriminazioni.

Conosciuta anche come Durban 2, l’incontro tra i paesi delle Nazioni Unite era diventato infatti l’ennesimo pretesto per fare della Conferenza uno strumento di condanna dello Stato di Israele. Ancora una volta, infatti, lo schieramento dei Paesi che paragonano il sionismo al razzismo stava avendo la meglio (com’era accaduto alla prima Durban nel 2001) ed era necessaria una scossa.

“Ci abbiamo provato fino alla fine, ma non si può andare avanti con un negoziato su un testo inemendabile”, ha ripetuto Frattini. “Come si può discutere quando l’unico margine di negoziato che ci hanno permesso è stata la modifica di un paragrafo da ‘Israele è una seria minaccia’ a ‘Israele rappresenta una seria minaccia’?”.

Il ministro ha tenuto a sottolineare che un paese come il nostro, da sempre in prima linea nel ruolo di mediazione per la pace e volto a mantenere rapporti con il mondo arabo moderato, non poteva permettere che passasse un testo che usa espressioni antisemite.

Il boicottaggio italiano – che segue quello americano, canadese e israeliano – è stata quindi una scelta meditata e ponderata. Tre sono le ragioni principali che hanno spinto il titolare della Farnesina a prendere una decisione politica così netta, perché “laddove non arriva la diplomazia, deve intervenire la politica”. In primo luogo, “c’era in gioco la credibilità, l’immagine e la dignità delle Nazioni Unite”. “Come potevamo permettere che l’Onu, organismo da cui discende la legittimità dell’azione internazionale, avallasse un documento che viola i diritti fondamentali individuali?”, si è chiesto il nostro ministro degli Esteri.

Ancora. Come fondatore dell’Unione Europea, l’Italia non può consentire che passi un documento che, con la sua firma, violi quei principi sostanziali contenuti nel Trattato di Lisbona. Proprio quel trattato che, con tante difficoltà, l’Ue sta cercando di far diventare la cornice di una nuova Europa. “Io amo questa Europa”, ha detto Frattini, “e non voglio prestarmi alle critiche di chi dice che è solo economica”.

“Il rispetto della Carta di Nizza – ha continuato – deve servire come incentivo ad agire più incisivamente con un’iniezione di forza politica anche nei confronti dei Paesi terzi e di quei paesi arabi moderati che non stanno al gioco dell’antisemitismo”.

E giù applausi. Frattini non ha potuto evitare però di mostrare il suo disaccordo nei confronti della scelta dei colleghi europei di continuare a partecipare ai lavori diplomatici in vista della Conferenza: “Su questo argomento l’Europa non c’è stata e continua a non esserci”. Assicura però che “a Ginevra il dialogo non si è mai interrotto e continueranno perché c’è ancora la possibilità e la speranza che ci seguano in questo gesto di protesta”, ha commentato sostenendo che con questa decisione politica l’Italia ha difeso anche la credibilità dell’Europa.

Ma la terza motivazione non è meno rilevante. “Si tratta di una battaglia in nome di diritti assoluti”, ha detto il capo della diplomazia italiana sottolineando che “se cediamo su questo dovremmo cedere su altri diritti fondamentali. Oggi è la libertà di espressione, domani potrebbero essere messi in discussione diritti umani come quelli delle donne o dei bambini”. L’intervento si è chiuso con un lungo applauso.

Anche Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera, ricordando che appartiene a uno schieramento politico diverso da quello di Frattini, condivide la scelta del ministro: “A Ginevra non è solo in discussione il problema di Israele, ma i nostri principi e la nostra vita”. “Non andiamo nei luoghi in cui viene messa in dubbio la nostra stessa civiltà”.

“Dovremmo essere orgogliosi di quest’Italia che ha adottato una posizione dal così forte significato storico e politico”, dice Fiamma Nirenstein, Vicepresidente Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati. “E’ il primo paese europeo che non ha avuto paura di dire che Israele non è uno stato che fa apartheid, e che non vuole consentire che l’antisemitismo abbia l’avallo di un’istituzione come le Nazioni Unite”.

Forse è davvero giunto il momento che l’Europa decida su cosa vuole scommettere e che cosa vuole difendere, anche in prospettiva di quello che vuole diventare in futuro.