Sicurezza, il governo chiede la fiducia tra malumori e tattiche pre-elettorali
11 Maggio 2009
Tre giorni cruciali per il dossier sicurezza-immigrazione. Con il governo deciso alla linea della fermezza contro l’immigrazione clandestina; con l’opposizione che alza nuove barricate, lancia anatemi contro la deriva razzista dell’Italia, inaugura nuove alleanze in Parlamento e nelle piazze, come nel caso del “coup de foudre” tra Franceschini e Casini.
Sinergia prelettorale? Forse, ma guarda caso all’unità d’intenti dei due leader fa seguito, con singolare tempismo, la lettera-appello di 12 parlamentari cattolici di Pd e Udc che ai colleghi del Pdl chiedono di fare marcia indietro. Intese ma anche divergenze. E la questione è tutta nel recinto democrat. Ad aprire un nuovo fronte di tensione è Rutelli che dopo Fassino, si smarca dal segretario nazionale e sulla questione dei respingimenti verso la Libia delle carrette del mare intercettate in acque internazionali, non chiude alla linea del governo e al Pd dice che è ora di superare certe “ipocrisie” sull’immigrazione clandestina se ci si vuole candidare ad essere forza di governo credibile.
Sul ddl sicurezza ci sono poi le perplessità – fatto non marginale – che da Oltretevere rimbalzano all’indirizzo di Palazzo Chigi ed invitano a una politica più incline all’accoglienza che al respingimento. Anche se la posizione netta contro la linea dell’esecutivo espressa da monsignor Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migrantii, pare sfumare nelle parole di monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei che sul tema della società multietnica non ha dubbi: esiste già in Italia ed è un valore ma deve essere inserita in un “rigoroso rispetto della legalità, necessaria per garantire l’integrazione”. E soprattutto, osserva l’alto prelato, va evitata “un’accozzaglia disordinata e sregolata” di presenze e culture perché così non “si cresce insieme”.
Dal canto suo, la maggioranza fa quadrato e si prepara al voto di Montecitorio. Ma anche qui certe fibrillazioni non sembrano affatto sopite. Il governo torna in Aula con un pacchetto di misure rivisto e corretto dopo i malumori che nelle ultime settimane si sono tramutati in veti a proposito di medici o presidi-spia. Senza contare le ripetute esternazioni del presidente della Camera Fini che sui due articoli del ddl non ha lesinato critiche e sollecitato modifiche. Stessi malumori che tra i finiani doc e qualche cattolico ex forzista si palesano su ronde, Cie e sul reato di clandestinità.
Immigrazione, criminalita’, sicurezza pubblica: sono i tre filoni del disegno di legge sui quali il Governo chiede la fiducia per approvare l’intero pacchetto. Primo: il ddl introduce il reato di clandestinità e la cosiddetta tassa di soggiorno, prolunga fino a 180 giorni la permanenza degli irregolari nelle strutture per l’identificazione e l’espulsione, crea un fondo destinato ai rimpatri e reintroduce il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Secondo: vengono “istituzionalizzate” le figure dei volontari per la sicurezza, ex appartenenti alle forze dell’ordine in pensione che potranno supportare l’attività delle forze dell’ordine nel controllo del territorio. Non solo, nel ddl è prevista una pena fino a tre anni di reclusione per chi impiega minorenni nell’accattonaggio e sanzioni per chi imbratta edifici, oltre al via libera sull’uso di bombolette spray al peperoncino per l’autodifesa.
Oggi dunque la partita (politica) torna nell’Aula a Montecitorio e, di fatto, chiama la maggioranza ad una prova di tenuta e compattezza su temi strategici nell’agenda di governo e nel programma del Pdl (pure su questo, un anno fa ha vinto le elezioni). E che ad un mese dal voto per europee e amministrative rappresentano un buon volano di consenso tra gli elettori.
Si può leggere anche in questo senso la ridda di dichiarazioni che nel fine settimana si sono rincorse lungo l’asse Vicenza-Roma. Nella città veneta la Lega riunita per i suoi stati generali rivendica una sorta di primogenitura sul tema sicurezza-immigrazione, facendo intendere senza troppi giri di parole (da Bossi a Calderoli a Maroni) che solo il Carroccio è in grado di dare voce alle istanze della gente. Dalla Capitale Berlusconi ripete che il tema è centralissimo per il governo e che quindi si andrà avanti con la linea della fermezza per arginare l’immigrazione clandestina. Messaggio per rassicurare il Carroccio sul varo del ddl alla Camera e al tempo stesso per ammonire eventuali malpancisti nelle file della sua maggioranza.
Un campo, quello della sicurezza, che gli ex An non vogliono di certo lasciare esclusivo appannaggio di leghisti ed ex Fi. Non a caso il ministro La Russa e ancora prima di lui il presidente dei senatori del Pdl Gasparri ne declinano l’importanza, condividendo l’azione dei respingimenti in acque internazionali. Su quest’ultimo punto ieri è tornato Fini per dire che sì, lo stop alla carrette del mare non viola la Costituzione e tuttavia c’è l’esigenza di verificare chi ha diritto all’asilo politico. E sul concetto della società multietnica sembra rimarcare un nuovo distinguo: il presidente della Camera osserva che “non ha molto senso dire voglio o non voglio una società multietnica”, perché si tratta di questione demografica. E per garantire veramente sicurezza e legalità bisogna andare oltre il contingente.
Ma da oggi le parole e la tattica lasciano spazio ai voti. E’ in Aula che ci si misura. E’ in Parlamento che il Pdl è chiamato a dimostrare concretamente la propria forza.