Quanti voti guadagna e quanti ne perde il Cav. se vende Kaká?

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Quanti voti guadagna e quanti ne perde il Cav. se vende Kaká?

05 Giugno 2009

A poche ore dal voto per le elezioni europee sorge, nella mente degli sportivi, un dubbio. Non è del tutto chiaro l’affare che dovrebbe portare la cessione del campionissimo rossonero Kaká al Real Madrid (o al Chelsea del fresco ex allenatore Carlo Ancelotti), ma soprattutto è oscuro il motivo per cui un presidente del consiglio se ne occupi proprio in questo frangente. Quello che ci si chiede è se il battage di notizie, smentite e dichiarazioni abbia una valenza prettamente calcistica o si intrecci con altri interessi, di ben più alta importanza. Vediamo le varie ipotesi.

Prima ipotesi. Leggere la trattativa come nel "bar dello sport", da tifosi. Ovvero, lo fa solo per il bene della squadra. Da sempre il Cav. è appassionato di calcio e proprio ieri mattina, ospite in una trasmissione televisiva si è lasciato andare a commenti tecnici: ”Il Milan quest’anno non ha giocato con la tattica di gioco suggerita dal suo ex presidente, lo ha fatto solo nell’ultima partita che ci ha permesso di conquistare la Champions". Coerentemente, quindi, la vendita del brasiliano servirebbe a dare più spazio all’altro funambolo brasiliano, Ronaldinho, dimenticato spesso ai margini del campo durante la stagione e a lanciare i giovani Pato (sul campo) e Leonardo (in panchina).

Seconda ipotesi. Sempre da tifosi, ma leggermente più smaliziati. "Offrono davvero tanti, tanti soldi. A queste cifre difficile trattenere chi vuole andare via". Così ha dichiarato Berlusconi in settimana, ottenendo in tal modo un risultato doppio. Ha coinvolto direttamente il giocatore, invocandone la sua volontà e ha scaricato ogni eventuale responsabilità per la partenza di un beniamino del pubblico.

Terza ipotesi. Si entra nell’ambito extracalcistico. Data la crisi che attanaglia tutto il mondo, Berlusconi vuole dimostrarsi razionale e presente in ogni settore, anche in quello dello sport. Il Milan, solo nel 2008, ha fatto registrare un passivo di 68 milioni di euro, una cifra decisamente elevata per qualsiasi azienda.

Quarta ipotesi. E’ giunto il momento di allontanarsi dalla sua passione. I figli da sempre nutrono un sentimento contrastante nei confronti del Milan, soltanto Luigi si fa vedere qualche volta allo stadio, dimostrandosi coinvolto. Inoltre sembra che, a seguito di esperti consigli legali, Berlusconi si sia convinto che nella scalata al ruolo di presidente della Repubblica possedere una squadra di calcio non sia possibile. Un ragionamento di questo tipo chiarifica anche le future volontà del Cav.

Vanno aggiunti due ulteriori tasselli, il primo riguarda il diverso regime fiscale che vige tra Italia e Spagna e che spesso finisce per fare la differenza nei trasferimenti degli atleti, invogliati da ingaggi maggiori e con un minor carico fiscale verso il paese iberico. E’ un cavallo di battaglia di Adriano Galliani – amministratore delegato del Milan -, che da tempo chiede, almeno nello sport, l’equiparazione europea dei carichi fiscali. Naturalmente gli emolumenti più alti sono doppiamente onerosi per i team italiani, come nei casi di Kaká o del “cugino” interista Ibrahimovic, che sembra a sua volta in procinto di partire.

Il secondo riguarda le lotte interne ai palazzi del calcio. Il paventato tetto degli ingaggi sta diventando una realtà, o almeno un gentlemen agreement tra i presidenti dei club, che si trovano a dover gestire stipendi assolutamente fuori parametro e in nessun modo “spalmabili” su più anni o riducibili. L’unica soluzione è vendere.

Dalla quantità di dati e ipotesi presentati si capisce la complessità del mosaico. Esprimere un giudizio è quantomeno avventato. Qualche parola, però, si può spendere, rimanendo comunque nel campo delle ipotesi. Prima dai social network e poi attraverso sondaggi più o meno credibili è nata una teoria secondo cui Kaká potrebbe essere l’ago della bilancia delle prossime elezioni europee, spostando milioni di voti verso il presidente in caso di conferma o disperdendoli altrove in caso di cessione.

Probabilmente nata come una scherzosa speculazione fa riflettere sulla commistione di generi cui si assiste tra sport, economia e poteri istituzionali. La Juventus, con il gruppo Fiat alle spalle, è più o meno nella stessa situazione. Chissà che nelle prossime partite, magari osservando un cambiamento tattico dal 4-4-2 al 4-3-3, si possa cogliere qualche soluzione anche per la vicenda Opel.