Alla vigilia della prova costume scatta come ogni anno il panico da calorie

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Alla vigilia della prova costume scatta come ogni anno il panico da calorie

07 Giugno 2009

Sembra ormai ere geologiche fa: mentre ti abbandonavi a una bella porzione di pasta all’amatriciana o di Tiramisù, non ti sarebbe mai venuto in mente di chiederti di quante calorie stavi caricando il tuo corpo. Ma appunto, si parla di ere geologiche fa, quando i nutrizionisti erano ancora lontani dal dire la loro su ogni giornale o canale televisivo, e Porta a Porta non si occupava della dieta a zone. Invece nell’era del conteggio delle calorie, succede che le ricette pubblicate sulle riviste di gastronomia o sulle scatole della pasta indichino per ogni deliziosa creazione che suggeriscono l’impatto sul peso e sull’aspetto, che Macdonald’s si senta in dovere di giustificare gli attacchi quotidiani ai suoi menu evidenziando su tutti i materiali dei ristoranti le calorie di ogni singolo panino o porzione di patatine, e infine che nel mondo anglosassone diverse altre catene di fast-food (Pizza-Hut, Kentucky Fried Chicken tra le più note) abbiano deciso di indicare anche nei loro listini l’impatto calorico del cibo in vendita.

L’idea è quella di pubblicare informazioni nutrizionali ovunque, sui prodotti in vendita e all’interno dei locali, perché nel momento in cui i consumatori scelgono cosa mangiare sia loro chiaro quanto si stanno facendo male. Infatti l’intento finale, soprattutto in un’Inghilterra consapevole delle sue pessime abitudini alimentari e quindi per contrasto ogni giorno più ossessionata dal mangiar sano e dal controllo dell’alimentazione, è quello di spingere a un consumo costantemente ragionato del cibo. L’inghilterra ne ha persino fatto una questione governativa, come già in molti altri casi di menu salutari imposti nelle scuole, lotta senza quartiere all’obesità giovanile, battaglia al consumo di cioccolata, e il ministro per la salute pubblica Dawn Primarolo nel caso del contacalorie ha parlato di un progetto pilota volontario; ma non si fatica a immaginare una misura sempre più coercitiva qualora l’idea dovesse riscuotere successo tra i consumatori. In fondo è quello che succede già da qualche tempo a New York, dove da un anno, per disposizione municipale, le catene di ristoranti si sono viste richiedere di esporre le caratteristiche nutrizionali dei cibi in termini non soltanto di ingredienti, ma di contenuto calorico.

La prima obiezione, e la più facile, è che non sarà lo spauracchio di qualche centinaio di calorie a far desistere da piacevolissimi pranzi gli appassionati di pasta, dolci e manicaretti vari. Semmai patiranno ancor più tormenti davanti al menu le signore in perenne controllo del peso, che finiranno col godersi ancor meno una cenetta occasionale alla larga dal temibile conto dei cucchiaini d’olio suggeriti dall’amica dietologa. La maggioranza delle persone che vogliono mangiare al Mac non faranno dietrofront perché improvvisamente messi in guardia sul gustoso panino che stanno per mangiare, magari una volta ogni tanto. I fast food possono fare tutti gli sforzi che vogliono per accreditarsi come fornitori di cibi salutari, MacDonalds può dare una rinfrescata ai locali e proporre sempre più insalate, ma il loro bello è proprio nel contenuto godurioso di salse, grassi, sapori facili da bambino, quello che fa venire l’acquolina in bocca e indurre al “peccato”.

Subito dopo viene da chiedersi di quanto mai potranno far migliorare la linea misure del genere. Non sarà il rinunciare al panino nel locale una volta tanto a farci stare meglio nel lungo periodo – soprattutto poi se ci avventiamo sulla merendina al sicuro nella dispensa di casa, o comunque siamo distratti tutte le altre volte che ci nutriamo. E gli equilibri della gestione del peso e del metabolismo rimangono spesso misteriosi, e ben più complessi di un semplice scambio fra calorie e girovita. Per cui individui che assumono grandi quantità di calorie non ingrassano, mentre gente continuamente a dieta fa gran fatica a restare nei margini del peso forma. Infine, la minaccia dell’obesità e di tutte le pericolose conseguenze sulla salute individuale non tiene conto delle labili, poco provate differenze in termini di aspettativa di vita fra persone magre e persone obese.

Ridurre tutta la questione, e credere con entusiasmo di averla risolta, contando le calorie da immettere nell’organismo e allertando continuamente chi sta per mangiare, sembra davvero un intervento da mammine ansiose. Con l’aggravante di un’idea ben pericolosa per le giovani generazioni, ossessionate dall’aspetto filiforme, e di una insinuazione di colpa nel momento dell’assunzione del cibo che non giova al rapporto con esso.

Il cibo  se questa idea prendesse davvero piede verrebbe visto come qualcosa da governare di continuo, mentre dovrebbe certo essere nutrimento, ma anche piacere. Per banale che l’affermazione possa suonare, sembra essere diventato un concetto secondario. Togliere la gioia del mangiare al momento in cui si addenta la forchettata di spaghetti o il famigerato BigMac è davvero uno sciocco crimine, la cui unica soddisfazione è per i governi che si sentono così efficienti nei confronti dei loro cittadini cicciotti, e così autorevoli nell’indicare la via più giusta per essere tutti sani e belli.

Per la cronaca, un Mac vale cinquecento calorie, una porzione media di patatine trecento, un frappè ne vale circa quattrocento.  Milleduecento calorie in un pasto rapido, non c’è male. Attenzione a conoscere i valori nutrizionali dei cibi.