Vaccarella: è crisi istituzionale
04 Maggio 2007
di redazione
Caro Presidente,
ho preso atto della delibera con la quale la Corte ha deciso, all’unanimità, di non accettare le mie dimissioni: dimissioni – delle quali avevo oralmente
anticipato le ragioni, fin dal 28 aprile, sia a Te che al vicepresidente prof.
Flick – che erano originate non già dal fatto che esponenti del Governo
avessero espresso dubbi sull’ammissibilità del referendum ma
1)dal fatto che alcuni di tali esponenti si dicessero sicuri della
“disponibilita” della Corte a seguire i suggerimenti del Governo stesso;
2) dal fatto che tali gravissimi dichiarazioni non fossero state immediatamente
e pubblicamente smentite dai ministri in questione (e, nel corso di questa
vicenda, si è appreso che volutamente non sono state smentite perchè… non
vere!);
3) dal fatto che una vicenda di tali gravità non avesse provocato alcun
intervento delle Istituzioni.
Tale silenzio mi ha reso evidente la considerazione nella quale sono tenuti il
ruolo e la funzione della Corte (e ciò del tutto a prescindere dal fatto che,
nel caso di specie, si trattasse di un referendum) e ho ritenuto, e ritengo,
che le generiche e rituali dichiarazioni intervenute il 29 aprile non fossero
in alcun modo idonee a fugare il mio convincimento.
Nella sua delibera la Corte mostra di condividere le mie preoccupazioni
sulla considerazione in cui essa è stata tenuta da quelle dichiarazioni (e
sulle interferenze che tale considerazione consente e incoraggia), e mi
conforta il fatto che con ciò essa escluda che io sia “un attaccante di calcio
che si produce in una capriola per indurre l’arbitro a fischiare un fallo
inesistente”, ovvero una sorta di “agente provocatore”, così come esclude la
tesi “complottarda” secondo la quale le mie dimissioni avrebbero seguito “una
strana tempistica”.
Qualsiasi cosa pensino – ciascuno nel gergo e nella logica che gli sono
propri – gli autori di tali dichiarazioni circa la “incomprensibilita” (meglio,
l’inconcepibilità, in questo Paese) di dimissioni date a tutela di un Organo
costituzionale e della propria dignità personale, la realtà è semplicemente
questa; e comprendi bene, caro Presidente, che – non certo per secondare il
“delicato” invito di un autorevole ministro della Repubblica, ma anche per
quanto successivamente accaduto – non posso che confermarle irrevocabilmente.
Ti prego di esprimere ai Colleghi la mia gratitudine per la solidarietà e la
stima dimostratemi dopo le mie dimissioni e la speranza che questa vicenda
giovi alla Corte della quale ho avuto l’onore di far parte.
Romano Vaccarella